L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato enuncia i seguenti principi di diritto in materia di obblighi dichiarativi ex art. 80, comma 5, lett. c e b-bis, d.lgs. n. 50 del 2016 e false dichiarazioni:
«- la falsità di informazioni rese dall’operatore economico partecipante a procedure di affidamento di contratti pubblici e finalizzata all’adozione dei provvedimenti di competenza della stazione appaltante concernenti l’ammissione alla gara, la selezione delle offerte e l’aggiudicazione, è riconducibile all’ipotesi prevista dalla lettera c) [ora c-bis)] dell’art. 80, comma 5, del codice dei contratti di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50;
- in conseguenza di ciò la stazione appaltante è tenuta a svolgere la valutazione di integrità e affidabilità del concorrente, ai sensi della medesima disposizione, senza alcun automatismo espulsivo;
- alle conseguenze ora esposte conduce anche l’omissione di informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione, nell’ambito della quale rilevano, oltre ai casi oggetto di obblighi dichiarativi predeterminati dalla legge o dalla normativa di gara, solo quelle evidentemente incidenti sull’integrità ed affidabilità dell’operatore economico;
- la lettera f-bis) dell’art. 80, comma 5, del codice dei contratti pubblici ha carattere residuale e si applica in tutte le ipotesi di falso non rientranti in quelle previste dalla lettera c) [ora c-bis)] della medesima disposizione».
Consiglio di Stato, Ad. Pl., n. 16 del 28 agosto 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.
Con riferimento all’individuazione dei soggetti destinatari dell’ordine di demolizione e delle misure sanzionatorie previste dall’art. 31, comma 4-bis, del d.P.R. n. 380/2001, il TAR Milano richiama l’orientamento secondo il quale «la norma, nell'individuare i soggetti colpiti dalle misure repressive nel proprietario e nel responsabile dell'abuso, considera evidentemente quale soggetto passivo della demolizione il soggetto che ha il potere di rimuovere concretamente l'abuso, potere che compete indubbiamente al proprietario, anche se non responsabile in via diretta, in quanto il presupposto per l'adozione di un'ordinanza di ripristino non coincide con l'accertamento di responsabilità storiche nella commissione dell'illecito, ma è correlato all'esistenza di una situazione dei luoghi contrastante con quella codificata nella normativa urbanistico-edilizia, e all'individuazione di un soggetto il quale abbia la titolarità a eseguire l'ordine ripristinatorio, ossia il proprietario, in virtù del suo diritto dominicale».
TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1562 del 11 agosto 2020.
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Il TAR Brescia ribadisce il principio secondo cui «“Nulla osta a che il privato proponente un piano attuativo, nell'esercizio della propria autonomia negoziale, assuma in sede di convenzione urbanistica obblighi di fare e/o di dare ulteriori ed eccedenti rispetto a quelli discendenti dalla legge.” (TAR. Brescia sez. I, 03/07/2019, n.624). Tanto più che “le posizioni giuridiche relative agli oneri concessori sono considerate disponibili, e dunque non vi sono ostacoli alla definizione di un sinallagma che preveda anche l’accettazione di condizioni meno vantaggiose rispetto a quelle risultanti dalla normativa regionale o comunale, purché sia salvaguardata l’utilità economica finale dell’intervento edilizio” (T.A.R. Lombardia, sez. I, 22/02/2018, n.198)».
TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 538 del 13 luglio 2020.
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Il TAR Milano «ritiene rilevante ai fini del decidere, e non manifestamente infondata, la questione d’illegittimità costituzionale sollevata d’ufficio con riferimento ai commi 1, 2 e 3 dell’art. 15 del codice del processo amministrativo (allegato 1 al d.lgs. n. 104 del 2010), nella parte in cui precludono al Giudice di esaminare e pronunciare sulla proposta eccezione di parte del difetto di competenza territoriale anche nella fase di merito, qualora nella fase cautelare, come avvenuto nel caso di specie, sia stata trattenuta implicitamente la competenza».
TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 1374 del 20 luglio 2020.
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Il TAR Milano con riferimento all’art. 8 del D.M. n. 1444/1968, il quale prescrive che per le Zone B) l'altezza massima dei nuovi edifici non può superare l'altezza degli edifici preesistenti e circostanti, con l'eccezione di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche, sempre che rispettino i limiti di densità fondiaria di cui all'art. 7, precisa che «il dato letterale della norma indica chiaramente che si debba far riferimento a una serie ristretta di edifici, identificabili in quelli circostanti, vale a dire immediatamente limitrofi. Non vi è alcuna ragione, testuale o logica, per estendere, invece, l’ambito dell’area di raffronto a tutto il “contesto urbanistico”, ... Anzi, una simile lata interpretazione finirebbe per svuotare di senso la previsione, rendendo, in sostanza, comparabili tra loro edifici anche posti in isolati stradali diversi e dunque, aventi differenti ubicazioni di riferimento».
TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1576 del 14 agosto 2020.
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Disapplicazione del DM 1444/1968 ad opera dell’art. 103 della L.R. 12/2005
Il TAR Milano precisa che «L’art. 103, comma 1-bis, L.R. n. 12/2005, lungi dallo stabilire una disapplicazione in via generale del D.M. n. 1444/1968, si limita invero a consentire ai Comuni di redigere i propri Piani di governo del territorio senza rispettare le disposizioni dettate dal D.M. n. 1444/1968. È solo in sede di redazione dei nuovi PGT sostitutivi dei precedenti PRG che, quindi, “ai fini dell'adeguamento, ai sensi dell'articolo 26, commi 2 e 3, degli strumenti urbanistici vigenti”, i Comuni potevano derogare a determinati limiti posti dal decreto ministeriale.
Questa interpretazione, già affermata dalla Sezione (cfr. sentenza n. 1413 del 22 luglio 2020), rinviene un autorevole avallo nella Corte Costituzionale che, con la recente sentenza n. 13 del 7 febbraio 2020, evidenzia come si tratti di “una disciplina volta a regolare la sola fase transitoria di adeguamento degli strumenti urbanistici vigenti, modulata secondo precise scansioni temporali, e non la revisione dei piani di governo del territorio già approvati”. Tale disposizione, “pur posteriore alla «Legge per il governo del territorio» del 2005, si colloca in un orizzonte temporale definito, legato all’adeguamento degli strumenti urbanistici vigenti e alla successiva transizione ai piani di governo del territorio, che si configurano come i nuovi strumenti di pianificazione urbanistica previsti dalla legislazione regionale”. In tal senso, depone “l’univoco dettato letterale, che richiama l’adeguamento, secondo le cadenze predeterminate dall’art. 26, commi 2 e 3, della legge regionale n. 12 del 2005, e postula un nesso di strumentalità della disapplicazione rispetto all’adeguamento stesso”».
TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1576 del 14 agosto 2020.
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Il TAR Milano in materia di dia ribadisce quanto osservato in una fattispecie analoga (sentenza 10 maggio 2018, n. 1242): «il titolo edilizio si perfeziona indipendentemente dalla corresponsione degli oneri di urbanizzazione, come si ricava anche dal tenore dell’art. 42, comma 3, della legge regionale n. 12 del 2005 (‘la quota relativa agli oneri di urbanizzazione è corrisposta al comune entro trenta giorni successivi alla presentazione della denuncia di inizio attività, fatta salva la facoltà di rateizzazione’). A tal fine, si deve richiamare l’art. 42 del D.P.R. n. 380 del 2001 che prevede l’applicazione di una sanzione pecuniaria rapportata all’entità del contributo in caso di mancato pagamento o per il suo ritardo, con la possibilità per i Comuni di tutelarsi mediante la riscossione coattiva (anche se con riferimento al permesso di costruire, cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, II, 14 novembre 2017, n. 2173). Ciò risulta avallato, oltre che dal dato normativo – art. 44, comma 13, della legge regionale n. 12 del 2005 [‘L’ammontare dell’eventuale maggior somma va sempre riferito ai valori stabiliti dal comune alla data (…) di presentazione della denuncia di inizio attività’] –, altresì dalla giurisprudenza maggioritaria, secondo la quale il momento su cui appuntare l’affidamento della parte istante è quello della presentazione della denuncia, che coincide con il momento perfezionativo per consolidazione postuma e non in quello in cui la stessa acquisterebbe efficacia, trovandosi al cospetto non di un provvedimento amministrativo tacito o implicito, ma semplicemente di un atto del privato, cui va applicata la disciplina legislativa vigente al momento della presentazione della denuncia alla Pubblica Amministrazione (cfr. Consiglio di Stato, IV, 13 maggio 2013, n. 2593; 4 settembre 2012, n. 4669; T.A.R. Lombardia, Milano, II, 15 marzo 2018, n. 730; 4 marzo 2016, n. 434)».
TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1561 del 11 agosto 2020.
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Il TAR Milano, circa la natura prescrittiva del PTCP, ribadisce il suo orientamento secondo il quale «le previsioni riguardanti la tutela del paesaggio provinciale possiedono una efficacia prescrittiva e prevalente in quanto appaiono certamente riconducibili al novero delle ‘previsioni in materia di tutela dei beni ambientali e paesaggistici in attuazione dell’articolo 77’, di cui alla lett. a dell’art. 18, comma 2, della legge regionale n. 12 del 2005; anche in relazione alla difesa del territorio, e in particolare per gli aspetti relativi alla componente idrogeologica, è riconosciuta efficacia prevalente alle linee di intervento, nonché alle opere prioritarie di sistemazione e consolidamento stabilite attraverso il P.T.C.P. (art. 56, comma 1, lett. d, della legge regionale n. 12 del 2005, che richiama il precedente art. 18, comma 2, lett. d). D’altra parte, il riconoscimento della possibilità per il P.T.C.P. di dettare siffatte previsioni appare del tutto rispondente alle finalità stesse dello strumento di pianificazione provinciale, cui l’art. 15 della legge regionale n. 12 del 2005 attribuisce un ruolo di rilievo in tema di conservazione dei valori ambientali e paesaggistici e di rispetto dell’assetto idrogeologico del territorio (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, II, 8 ottobre 2014, n. 2423). L’individuazione degli ambiti di rilievo paesaggistico e le linee di intervento in relazione all’assetto idrogeologico costituiscono oltretutto scelte che involgono interessi di carattere sovracomunale, ambientali, paesaggistici e di difesa del territorio, la cui tutela è stata affidata dalla legge regionale n. 12 del 2005 – in ossequio ai principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza di cui all’art. 118, comma primo, della Costituzione – alla Regione e alle Province. Questi interessi sono dunque presi in considerazione dagli strumenti di pianificazione territoriale approvati da tali enti (P.T.R. e P.T.C.P.) e si sovrappongono agli interessi di carattere urbanistico la cui tutela è principalmente affidata ai Comuni (Consiglio di Stato, IV, 15 gennaio 2020, n. 379; T.A.R. Lombardia, Milano, II, 16 marzo 2020, n. 489; 5 aprile 2017, n. 798)».
TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1568 del 12 agosto 2020.
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Natura delle obbligazioni di pagamento degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione
Il TAR Milano precisa che «le obbligazioni di pagamento degli oneri di urbanizzazione e dei costi di costruzione, così come le conseguenti sanzioni per ritardato pagamento, hanno natura reale o “propter rem”, essendo caratterizzate dalla stretta inerenza alla res ed essendo perciò destinate a circolare unitamente ad essa, per il carattere dell’ambulatorietà che le contraddistingue. Ne deriva che le stesse gravano anche sull’acquirente nel caso di trasferimento del bene. È stato infatti affermato che “l’obbligazione in solido per il pagamento degli oneri di urbanizzazione e la natura reale dell’obbligazione riguardano i soggetti che stipulano la convenzione, quelli che richiedono la concessione e quelli che realizzano l’edificazione, nonché i loro aventi causa” (cfr. Cons. di Stato, Sez. IV, 15 maggio 2019, n. 3141; altresì, C.G.A., 30 settembre 2019, n. 848; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 12 luglio 2017, n. 1604; T.A.R. Veneto, 11 ottobre 2019, n. 1083; T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. II, 19 ottobre 2017, n. 2402). Analogamente, si è precisato che anche “l’obbligazione di pagamento delle sanzioni per ritardato pagamento degli oneri concessori va configurata come propter rem e, quindi, da porsi a carico del soggetto che, in un determinato momento, si trova in una relazione qualificata con l’immobile” (cfr. Consiglio di Stato, IV, 1 aprile 2011, n. 2037)».
TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1573 del 13 agosto 2020.
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Rapporto di connessione tra gli atti impugnati con il ricorso principale e quelli avversati con i motivi aggiunti
Osserva il TAR Milano che:
- «la previsione di un distacco minimo tra edifici confinanti costituisce una innovazione del codice civile sardo, poi ripresa dal codice del 1895 e dal vigente codice civile. Si tratta di previsione il cui fondamento è ravvisato nella necessità di salvaguardare, oltre agli interessi dei proprietari frontisti, l’igiene pubblica, evitando che gli edifici vengano ad essere privati di aria e di luce e che si abbia scolo e ristagno di acque tra una costruzione e l’altra. Lo conferma una costante giurisprudenza di legittimità, risoluta nell’affermare come la ratio della previsione sia quella di evitare possibili pregiudizi per l’igiene e la salubrità, aggiungendo, inoltre, come la tutela di tali beni sia immediatamente realizzata dal legislatore che presume foriere di insalubrità distanze inferiori a quella imposta. Ne consegue l’impossibilità per il Giudice di procedere ad ogni indagine sull’idoneità dell'intercapedine ad arrecare il pregiudizio per l'igiene e la salubrità dell'ambiente (cfr., ex multis, Cassazione civile, Sez. II, 28 settembre 2018, n. 23543). Si evidenzia, inoltre, come la previsione operi anche nel caso in cui, a causa del dislivello tra i fondi, la costruzione edificata nell'area meno elevata non raggiunga il livello di quella superiore, in quanto la necessità del rispetto delle distanze legali non viene meno in assenza del pericolo del formarsi d'intercapedini dannose (Cassazione civile, Sez. II, 23 maggio 2019, n. 14084). In sostanza, la previsione opera ogniqualvolta in cui si realizzi una costruzione (nomen actionis che ricomprende, tra l’altro, anche le sopraelevazioni o gli avancorpi a costruzione esistente, che comportino un aumento di volumetria) che crei una intercapedine c.d. dannosa.
- … Individuate ratio e finalità della previsione è agevole comprendere la portata del sintagma eccettuativo che ne esclude l’operatività in caso di costruzioni unite o aderenti. L’unione deve, infatti, ritenersi come l’integrale congiunzione degli edifici che in radice esclude la possibilità di formazione dell’intercapedine. Stessa constatazione vale per l’aderenza che comporta la costruzione lungo il primo edificio ma senza alcun appoggio allo stesso».
TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1485 del 31 luglio 2020.
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