Il TAR Brescia, con riferimento all’accertamento postumo di compatibilità paesaggistica, precisa che: “la giurisprudenza amministrativa è pressochè concorde nel ritenere che nell' art. 167, comma 4, d. lgs. n. 42 del 2004 il legislatore ha utilizzato la congiunzione disgiuntiva “o”, con la conseguenza che l'espressione “superfici utili o volumi” non rappresenta una endiadi e include invece quegli interventi che, pur senza creare un aumento di cubatura, con la realizzazione di nuove superfici utili, determinano comunque un impatto significativo sull'assetto del territorio, modificandone in maniera stabile e duratura la conformazione; questa lettura trova giustificazione, oltre che dal punto di vista letterale, anche per la ratio della disposizione, volta a stabilire una soglia elevata di tutela del paesaggio che comporta la possibilità di rilascio ex post dell'autorizzazione paesaggistica al fine di sanare interventi già realizzati soltanto per gli abusi di minima entità, tali da determinare già in astratto, per le loro stesse caratteristiche tipologiche, un rischio estremamente contenuto di causare un effettivo pregiudizio al bene tutelato (T.A.R. Milano, sez. II, 8 maggio 2019, n. 1033; T.A.R. Genova, sez. I, 14 marzo 2015, n. 281; T.A.R. Napoli, sez. III, 2 ottobre 2019, n. 4706)”.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 227 del 16 marzo 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



Il TAR Milano ritiene rituale la notificazione eseguita dal ricorrente effettuata a mezzo posta elettronica certificata e diretto all’indirizzo:
- tratto dall’indice PA, in assenza di altro indirizzo PEC della amministrazione resistente inserito nell’elenco pubblico tenuto dal Ministero della Giustizia;
- indicato peraltro nello stesso bando di gara e sul sito web della amministrazione.
Osserva al riguardo che:
«2.2.3. Come già affermato da questo TAR (TAR Lombardia, I, 8 agosto 2019, n. 1868) la notificazione a mezzo posta elettronica certificata effettuata all’indirizzo tratto dall’elenco presso l’Indice PA “è pienamente valida ed efficace; l’Indice PA è, infatti, un pubblico elenco e in via generale è utilizzabile ancora per le notificazioni alle P.A., soprattutto se l’amministrazione pubblica destinataria della notificazione telematica è rimasta inadempiente all’obbligo di comunicare altro e diverso indirizzo PEC da inserire nell’elenco pubblico tenuto dal Ministero della Giustizia” (CdS, III, 27 febbraio 2019, n. 1379; Id., V, 12 dicembre 2018, n. 7026).
2.2.4. E’ evidente alla luce dei generali canoni di autoresponsabilità e di legittimo affidamento che nessuna conseguenza perniciosa può aver a soffrire il notificante –men che meno in punto di lesione e/o compressione delle indefettibili guarentigie difensive presidiate dai principi supremi dell’ordinamento, nazionale e sopranazionale (art. 6 CEDU; art. 47 Carta di Nizza; artt. 24 e 113 Cost.)- a cagione del colpevole contegno inadempiente della Amministrazione che, mancando di comunicare l’indirizzo PEC da inserire nel ReGIndE, in concreto svuota di significanza e di effettività il precetto che impone l’utilizzo di quell’elenco per le notifiche in via telematica (TAR Lombardia, I, 1868/19, cit.).
2.2.5. Di guisa che - rilevato che “l’Indice PA è un pubblico elenco in via generale e, come tale, utilizzabile ancora per le notificazioni alle P.A.” (CdS, III, 70216/18), e che la stessa Amministrazione ha pacificamente reso noto alle imprese concorrenti, nelle prescrizioni che governano la procedura di gara, e a tutti consociati, anche sul proprio sito web, l’indirizzo pec cui effettuare le comunicazioni e le notificazioni – nulla quaestio:
- sulla piena validità del procedimento notificatorio seguito dal ricorrente, in quanto indirizzato proprio all’unico indirizzo che la stessa Amministrazione ha reso noto;
- sulla rituale evocazione in giudizio dell’Autorità anche in tale forma elettronica, oltre che con la tempestiva notificazione avvenuta a mezzo del servizio postale, siccome sopra esposto».

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 545 del 24 marzo 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



La Corte UE statuisce:
«1) I considerando 25 e 27 della direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2007, che modifica le direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE del Consiglio per quanto riguarda il miglioramento dell’efficacia delle procedure di ricorso in materia d’aggiudicazione degli appalti pubblici, l’articolo 1, paragrafi 1 e 3, della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva 2007/66, l’articolo 1, paragrafi 1 e 3, della direttiva 92/13/CEE del Consiglio, del 25 febbraio 1992, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle norme comunitarie in materia di procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia e degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni, come modificata dalla direttiva 2007/66, l’articolo 83, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, e l’articolo 99, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali e che abroga la direttiva 2004/17/CE, devono essere interpretati nel senso che non impongono né vietano agli Stati membri di adottare una normativa in forza della quale un’autorità di controllo può avviare, per motivi di tutela degli interessi finanziari dell’Unione europea, un procedimento di riesame d’ufficio al fine di controllare le violazioni della normativa in materia di appalti pubblici. Tuttavia, quando un siffatto procedimento è previsto, esso rientra nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione nei limiti in cui gli appalti pubblici oggetto di un siffatto riesame rientrano nell’ambito di applicazione ratione materiae delle direttive sugli appalti pubblici e deve, quindi, rispettare tale diritto, ivi compresi i suoi principi generali, di cui fa parte il principio generale di certezza del diritto.
2) Il principio generale di certezza del diritto osta a che, nell’ambito di un procedimento di riesame avviato d’ufficio da un’autorità di controllo per motivi di tutela degli interessi finanziari dell’Unione europea, una nuova normativa nazionale preveda, al fine di controllare la legittimità di modifiche di contratti di appalto pubblico, l’avvio di un siffatto procedimento nel termine di decadenza da essa fissato, sebbene il termine di decadenza previsto dalla normativa precedente, applicabile alla data di tali modifiche, sia scaduto».

Corte di Giustizia UE, Sez. IV, del 26 marzo 2020 (C‑496/18 e C‑497/18).
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Corte di Giustizia.


 

Sul BURL, supplemento n. 13 del 27 marzo 2020, è pubblicato il regolamento regionale 25 marzo 2020 n. 2 “Disciplina delle modalità di attuazione e applicazione delle disposizioni in materia di VIA e di verifica di assoggettabilità a VIA ai sensi della l.r. 5/2010 e delle relative modifiche e integrazioni. Abrogazione del r.r. 5/2011”


Il TAR Milano con riferimento agli istituti della compensazione e della perequazione precisa:
«come l’istituto della compensazione, a differenza di quello della perequazione, non ha quale precipua finalità quella di mitigare le disuguaglianze che si producono con la pianificazione urbanistica ma mira ad individuare una forma di remunerazione alternativa a quella pecuniaria per i proprietari dei suoli destinati all’espropriazione, consistente nell’attribuzione di diritti edificatori che potranno essere trasferiti, anche mediante cessione onerosa (articolo 11, commi 3 e 4 della L.r. n. 12 del 2005). Come osservato dalla Sezione, i modelli configurati dal legislatore regionale non hanno carattere stringente ma possono essere, per determinati aspetti, adattati dai Comuni al fine di assecondarli alle specifiche esigenze di pianificazione (T.A.R. per la Lombardia – sede di Milano, Sez. II, 11 giugno 2014, n. 1542). Infatti, “gli istituti della perequazione e della compensazione urbanistica trovano fondamento in due pilastri fondamentali del nostro ordinamento, che travalicano le previsioni contenute nelle diverse leggi regionali, e precisamente nella potestà conformativa del diritto proprietà di cui è titolare l'Amministrazione nell'esercizio della propria attività di pianificazione, ai sensi dell’art. 42, comma primo, Cost., e, al contempo, nella possibilità di utilizzare modelli consensuali per il perseguimento di finalità di interesse pubblico, secondo quanto previsto dagli artt. 1, comma 1bis e 11 della legge n. 241 del 1990 (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 13 luglio 2010 n. 4545; T.A.R. Campania, Salerno, sez. I, 5 luglio 2002 n. 670, T.A.R. Veneto sez. I, 19 maggio 2009, n. 1504)” (T.A.R. per la Lombardia – sede di Milano, Sez. II, 11 giugno 2014, n. 1542).
9.3. In ragione di quanto esposto, la Sezione correttamente ritiene possibili adattamenti dei modelli previsti dalla legislazione regionale al fine di soddisfare le esigenze delle Amministrazioni locali e di realizzare l’interesse pubblico. Interpretazione che, come riconosciuto dalla Sezione, “si pone in linea con i rilievi espressi da una parte della dottrina” che auspica “l’astensione dei legislatori regionali dal dettare normative stringenti in materia […] al fine di evitare che in tal modo si imbrigliassero eccessivamente le scelte compiute in sede di pianificazione” (T.A.R. per la Lombardia – sede di Milano, Sez. II, 11 giugno 2014, n. 1542, che richiama, sul punto, la delibera di Giunta Regionale n. VIII/1681 del 29 dicembre 2005, la quale, al punto 2.1.3, chiarisce che, con la previsione di cui all’articolo 11, il legislatore individua solo dei modelli di riferimento “che lasciano comunque grande spazio ad una vasta gamma di soluzioni soprattutto di tipo intermedio”)» (nella fattispecie, come sintetizzato da TAR «i ricorrenti deducono la violazione della previsione di cui all’articolo 11, comma 3, della L.r. n. 12 del 2005. Osservano i ricorrenti come, nel caso di specie, “aree pubbliche destinate alla realizzazione di interventi di interesse pubblico sono trasferite non al Comune ma al privato”, per il tramite di un piano attuativo. Si realizza, quindi, la permuta di un’area privata edificabile, che viene, in tutto o in parte destinata a interventi di interesse pubblico mentre l’area, già comunale, destinata ad interventi di interesse pubblico viene trasferita al privato»).

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 444 del 5 marzo 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano precisa in materia di false o fuorvianti dichiarazioni rese in procedure di gara che “l’art. 80, comma 5, lett. c) del Codice dei contratti pubblici non è riferito alle false dichiarazioni rese in procedure concorsuali non in corso e, quindi, già svoltesi, ma, al contrario, si riferisce alle “informazioni false o fuorvianti” ovvero all’omissione di “informazioni dovute” nei confronti della stazione appaltante nella procedura di gara in corso: ne consegue che il rilievo ostativo alla partecipazione non deriva certo dall’aver reso “false dichiarazioni in precedenti gare”, ma dal rendere, nella gara in corso, dichiarazioni false o fuorvianti, ovvero dall’omettere dichiarazioni dovute (cfr. C.d.S., Sez. V, n. 6490/2019; id., n. 6576/2018)”.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 428 del 5 marzo 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.




Il TAR Milano afferma che i doveri di correttezza, lealtà e buona fede hanno un ampio campo applicativo, anche rispetto all’attività procedimentalizzata dell’Amministrazione, operando pure nei procedimenti non finalizzati alla conclusione di un contratto con un privato, e afferendo sia ad atti e comportamenti “espressi” sia a contegni silenti, omissivi, ovvero reticenti.
Al riguardo precisa che:
- nello svolgimento della propria azione autoritativa, è in primis la Amministrazione ad essere tenuta al puntuale rispetto delle norme che ne conformano e ne governano la azione, con la pregnante soglia di diligenza e di professionalità che per certo è esigibile proprio in capo a soggetti esplicanti potestates pubbliche, istituzionalmente preordinate al perseguimento di interessi metaindividuali di natura pubblica (CdS, a.p., 4 maggio 2018, n. 5; Cass., I, 12 luglio 2016, n. 14188; TAR Lombardia, I, 6 novembre 2018, n. 2501);
- l’azione amministrativa, ordinariamente regolata dalla normazione di diritto pubblico, non può non sfuggire ai generali doveri di correttezza e di lealtà che, gravando su tutti i consociati anche in funzione solidaristica (art. 2 Cost.), massimamente devono informare l’agere dei pubblici poteri, istituzionalmente funzionali al soddisfacimento di interessi generali;
- il diritto positivo domestico, recependo principi sovranazionali per vero già direttamente applicabili, ovvero in ogni caso conformanti l’attività esegetica degli organi statuali chiamati ad applicare l’ordinamento nazionale, ha espressamente introdotte regole quali, ad esempio: i) art. 1 l. 241/90 che espressamente assoggetta l’attività amministrativa ai principi dell’ordinamento comunitario tra i quali assume un rilievo primario la tutela dell’affidamento legittimo (a far data da CGUE 3 maggio 1978, C-12/77, Topfer); da ultimo, sulla valenza di regola generale, fondante il diritto dell’Unione, da attribuire al principio della tutela dell’affidamento, CGUE, 20 dicembre 2017, C-322/16, Global Starnet; cfr., CGUE 14 marzo 2013 C-545/11, Agrargenossenschaft Neuzelle (TAR Lombardia, I, 15 novembre 2019, n. 2421); ii) artt. 21-nonies e 21-quinquies l. 241/90 sui presupposti del potere di autotutela, che deve sempre considerare l’affidamento del privato rispetto a un precedente provvedimento ampliativo della propria sfera giuridica e sul quale basa una precisa strategia imprenditoriale; iii) art. 2-bis, comma 1, l. 241/90, sul danno da ritardo;
- assai significativa della evoluzione del quadro normativo nel senso di assegnare sempre più rilevanza al valore del “tempo” nello svolgimento dei contatti e/o dei rapporti tra Amministrazione e consociati, e dell’affidamento che in tal guisa può ingenerarsi nella parte “debole” del rapporto (id est nell’amministrato), è altresì la norma di cui all’art. 19, comma 4, l. 241/90 in tema di segnalazione certificata di inizio attività (siccome introdotta, nella sua attuale versione, dall’art. 6, comma 1, lett. a), l. 124/15) a mente della quale il potere inibitorio è esercitabile, una volta decorso il termine “fisiologicamente assegnato”, soltanto in presenza dei presupposti previsti dell’art. 21-nonies; il decorso del tempo, con la mancata attivazione da parte dell’Amministrazione, è fatto ex se idoneo ad ingenerare un affidamento nel privato, suscettibile di tutela nelle medesime forme, procedimentali e sostanziali, contemplate per il caso di riesame in autotutela di situazioni in cui vi è stata una positiva manifestazione di volontà provvedimentale (favorevole);
- non revocabile in dubbio, indi, è lo status “professionalmente qualificato” che per definizione riveste il soggetto pubblico nei rapporti con i consociati, ciò che vale a: i) gravare l’Autorità di pregnanti obblighi di diligenza, correttezza e clare loqui (TAR Lombardia, 15 novembre 2019, n. 2421); ii) conformare l’esercizio del potere amministrativo in funzione della tutela dell’affidamento legittimamente riposto dal privato in costanza di un rapporto ovvero a seguito di un contatto qualificato con la P.A. (Tar Lombardia, I, 6 novembre 2018, n. 2501; Id., id., 1637/18, cit.)”.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 515 del 17 marzo 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.




Il Consiglio di Stato ritiene che, pur in mancanza di una norma di legge nazionale di modifica del codice dell’ambiente, la pubblica amministrazione è tenuta a dare esecuzione ad una pronuncia della Corte di Giustizia che ha accertato la violazione da parte della normativa interna di una direttiva comunitaria, affermandone peraltro la portata self executing, sia adeguando la propria condotta nei procedimenti amministrativi da avviare o in corso, sia annullando in autotutela i provvedimenti amministravi già adottati in violazione della direttiva (fattispecie in materia di valutazione di impatto ambientale).

Consiglio di Stato, Sez. V, n. 1004 del 10 febbraio 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



Sul BURL n. 12 del 22 marzo 2020 è pubblicata una nuova ordinanza del Presidente Giunta regionale 22 marzo 2020 - n. 515 che integra e modifica la precedente ordinanza n. 514 del 21 marzo 2020.

Sulla GU n. 76 del 22 marzo 2020 è pubblicato il nuovo d.P.C.m. 22 marzo 2020, recante "Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, applicabili sull'intero territorio nazionale".




Sul BURL n. 12 del 21 marzo 2020 è pubblicata l’ordinanza del Presidente Giunta regionale 21 marzo 2020 - n. 514, recante “Ulteriori misure per la prevenzione e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19. Ordinanza ai sensi dell’art. 32, comma 3, della legge 23 dicembre 1978, n. 833 in materia di igiene e sanità pubblica: limitazione degli spostamenti su tuttoil territorio regionale”.


Il Consiglio di Stato, in materia di rinnovazione dell'attività notificatoria non andata a buon fine e relativa ad un ricorso in appello, precisa che il termine ragionevole entro il quale l'appellante notificante deve riattivare l'attività notificatoria ove la prima notificazione, proposta nel termine decadenziale, non sia andata a buon fine per causa non imputabile al notificante stesso (nella specie per irreperibilità del destinatario) è da individuarsi nella metà del termine concesso dall'art. 92, comma 1, c.p.a. per la proposizione dell'impugnazione; in questo caso la successiva rinotificazione retroagisce e impedisce ogni decadenza.

Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 1690 del 9 marzo 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Si allegano le prime note esplicative del Presidente del Consiglio di Stato sulle disposizioni introdotte dall'art. 84 del D.L. 18/2020 e riferite alla giustizia amministrativa.

Link alle note pubblicate sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa.


Si allega il nuovo decreto del Presidente del TAR Lombardia emesso il 19 marzo 2020 in relazione all'emergenza epidemiologica da COVID-19 che dà attuazione alle misure disposte dal decreto legge n. 18 del 17 marzo 2020.




Il TAR Milano precisa che da un’esegesi letterale del comma 6 dell’art. 63 della legge regionale n. 12 del 2005, che dispone che “il recupero abitativo dei sottotetti è consentito purché sia assicurata per ogni singola unità immobiliare l’altezza media ponderale di metri 2,40 (…), calcolata dividendo il volume della parte di sottotetto la cui altezza superi metri 1,50 per la superficie relativa”, si ricava che per il calcolo dell’altezza media ponderale, che deve essere pari a 2,40 m, può essere considerata e computata unicamente la parte di sottotetto con un’altezza non inferiore a 1,50 m., essendo soltanto tale porzione idonea a concorrere alla realizzazione del requisito imposto dalla legge; la citata norma tuttavia non esclude affatto che il sottotetto possa possedere delle parti di altezza inferire a 1,50 m., ma si limita a considerarle del tutto neutre ai predetti fini, escludendole dal calcolo del volume necessario per raggiungere l’altezza media ponderale.
Aggiunge, poi, il TAR che la volumetria generata da un abbaino deve essere computata ai fini della verifica del raggiungimento degli indici richiesti dalla normativa per considerare il sottotetto abitabile, tenuto conto che lo stesso non soltanto è in grado di garantire il rispetto dei rapporti aeroilluminanti, ma assicura anche il rispetto dell’altezza media ponderale che può rendere un locale idoneo ad essere utilizzato quale residenza.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 476 del 12 marzo 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.




Il Consiglio di Stato, a fronte di un ricorso in appello che supera i limiti dimensionali stabiliti nel dPCS 22.12.2016, “rileva che non possono essere presi in considerazione i rilievi svolti nell’atto di appello nelle pagine successive alla 35^ per violazione dei limiti dimensionali stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio di Stato del 22 dicembre 2016 (cfr. in particolare, gli articoli 3 e 8): ne consegue la radicale non esaminabilità della parte di appello con cui si reiterano i motivi aggiunti formulati in primo grado (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 11 aprile 2018, n. 2190; v. anche, da ultimo, Cons. Stato, Sez. IV, 31 gennaio 2020, n. 803)”.

Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 1686 del 9 marzo 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri



Il TAR Milano statuisce che l'art. 25-bis della legge regionale della Lombardia n. 12 del 2005  è chiaro nello stabilire che la mancata adozione del PGT nel termine del 31 dicembre 2013 comporta conseguenze esclusivamente nel senso dell’esclusione del Comune dall’accesso al patto di stabilità territoriale per l’anno 2014 e degli ulteriori effetti indicati al comma 2, mentre la decorrenza del termine del 30 giugno 2014 contenuta nel medesimo articolo per l'approvazione non ha l'effetto di trasferire di per sé il potere di provvedere in capo alla Regione, privandone definitivamente il Comune, perchè, se è vero che il sistema è preordinato a rimediare al più presto all’inerzia comunale, fino a quando il Commissario regionale non viene nominato e investito della funzione di intervenire in via sostitutiva, l’Amministrazione locale resta titolare del potere di provvedere.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, 12 marzo 2020 n. 477
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Si informa che il Consiglio Nazionale Forense ha disposto la sospensione dell'obbligo di acquisizione dei crediti relativi alla formazione continua sino al 5 aprile 2020; pertanto, su indicazione del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Como, l’incontro formativo su “Burocrazia difensiva e attività contrattuale della P.A.” (relatore: prof. Maurizio Cafagno), fissato per il 3 aprile 2020, è rinviato a data da destinarsi.