Il Consiglio di Stato, pur riconfermando il fondamento del principio del divieto di commistione tra requisiti soggettivi dell’offerente e requisiti oggettivi dell’offerta, precisa che:
  • la soluzione della questione teorica in esame non può essere elaborata indulgendo a principi assoluti, quanto piuttosto verificando l'eventuale correlazione tra l'elemento di valutazione contestato rispetto alla qualità dell'offerta, al fine di stabilire se vi sia diretta proporzionalità tra la grandezza del primo e la grandezza della seconda;
  • in particolare, solo i riferimenti all'impresa, e non quelli all'esperienza di singoli dipendenti o del team di lavoro, sono in contrasto con il principio;
  • siffatto approccio è quello che meglio assicura l’equilibrio tra le esigenze di garanzia di qualità ed efficienza proprie delle stazione appaltanti con quelle di protezione della concorrenza ed in particolare delle capacità competitive delle piccole e medie imprese che presentano un profilo esperienziale meno marcato;
  • il criterio è quello da ultimo prescelto dal legislatore che, all'art. 95, comma 6 lett e), del d.lgs. n. 50/2016, contempla fra i criteri di selezione utilizzabili, proprio “l'organizzazione, le qualifiche e l'esperienza del personale effettivamente utilizzato nell'appalto, qualora la qualità del personale incaricato possa avere un'influenza significativa sul livello dell'esecuzione dell'appalto”.

La sentenza della Terza Sezione del Consiglio di Stato n. 3970 del 27 settembre 2016 è consultabile sul sito di Giustizia Amministrativa.


Il TAR Marche ribadisce che l’omessa indicazione di una o più sentenze di condanna in sede di domanda di partecipazione alle procedure ad evidenza pubblica costituisce autonoma causa di esclusione, in quanto ciò impedisce in radice alla stazione appaltante la possibilità di procedere alla valutazione dell’inerenza delle condanne con l’oggetto dell’appalto e, quindi, di verificare l’eventuale sussistenza della causa di esclusione di cui all'art. 38, lett. c), D.Lgs. n. 163/2006; il TAR aderisce, poi, all'orientamento secondo il quale non è consentito sanare le carenze delle dichiarazioni “reticenti” con il c.d. soccorso istruttorio, perché nemmeno il diritto comunitario impone alle stazioni appaltanti di ammettere qualsiasi rettifica a omissioni che, secondo le espresse disposizioni dei documenti dell’appalto, debbono portare all'esclusione dell’offerente.

La sentenza della Sezione Prima del TAR Marche n. 530 del 23 settembre 2016 è consultabile sul sito della Giustizia Amministrativa.


Sul sito della Giustizia Amministrativa sono state pubblicate le istruzioni operative per la sperimentazione del processo amministrativo telematico (programmata per il periodo 10 ottobre 2016 - 30 novembre 2016), che qui si riportano:

«Gli avvocati, dopo aver depositato presso l’Ufficio Ricevimento ricorsi (di un Tar o del CdS) l’atto introduttivo del giudizio, correlato dai relativi documenti e istanze, devono provvedere a inviare in via telematica il modulo “deposito ricorsi” completo di tutti gli atti in formato digitale già prodotti in formato cartaceo.
Al ricorso depositato con modalità cartacea viene attribuito il protocollo Agid.
Con il deposito in formato digitale al ricorso depositato in cartaceo è assegnato il numero di R.G. che il sistema attribuisce al deposito informatico.
Si rammenta che, nella fase di sperimentazione, ai fini della tempestività del deposito si fa esclusivo riferimento alla data di protocollo Agid del deposito cartaceo.  
Sul Portale dell’Avvocato la visualizzazione dei dati relativi alla data di deposito del ricorso cartaceo e al protocollo Agid è resa disponibile:
1) nell'elenco dei ricorsi depositati;
2) nel dettaglio fascicolo relativo ai ricorsi patrocinati nel quale sono riportate le informazioni sugli estremi del deposito cartaceo insieme a quelle sulla data di deposito.
Tali informazioni saranno rese disponibili anche dopo la fase di sperimentazione, per conservare traccia dell'effettiva data giuridica di deposito del ricorso.
Anche gli atti successivi al ricorso devono essere depositati in formato digitale, avvalendosi dell’apposito modulo, subito dopo il deposito cartaceo.
Anche ai fini della tempestività di tali atti si fa esclusivo riferimento alla data di protocollo del deposito cartaceo». 



La Corte europea dei diritti dell’uomo ha riscontrato nei confronti dell’ordinamento russo una violazione del diritto a un equo processo, di cui all’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, a causa dell'assenza di una parte rappresentante l’accusa nel giudizio avente per oggetto un illecito amministrativo.


La sentenza della Sezione Terza della Corte europea dei diritti dell’uomo del 20 settembre 2016 (c. 926/08) è consultabile, in lingua inglese, su questo link (testo estratto dal sito della Corte europea dei diritti dell’uomo).


Secondo il TAR Lazio, è inammissibile l’impugnativa di un parere reso dall’ANAC ai sensi dell’art. 6, comma 7, lett. n), del d.lgs. n. 163/2006.
Precisa, al riguardo, il TAR Lazio che:

  • tale norma prevede che l’Autorità, tra le altre funzioni, “… su iniziativa della stazione appaltante e di una o più delle altre parti, esprime parere non vincolante relativamente a questioni insorte durante lo svolgimento delle procedure di gara, eventualmente formulando una ipotesi di soluzione …”;
  • atteso il richiamo al carattere non vincolante del parere in questione, il soggetto istituzionale cui il parere è indirizzato ben potrebbe discostarsi dal medesimo con determinazione congruamente motivata;
  • il parere emesso ai sensi dell’art. 6, comma 7, lett. n), del d.lgs. n. 163/2006 non ha natura provvedimentale e la sua concreta lesività si manifesta solo nell'ipotesi in cui sia trasposto o richiamato nell'atto conclusivo del procedimento che dispone in senso conforme, ma non prima;
  • l’incidenza di detto parere sulla fattispecie concreta può essere valutata solo in relazione alla capacità di integrare la motivazione del provvedimento finale, con la conseguenza che può essere ritenuto semmai impugnabile unicamente al provvedimento finale che lo recepisce.

La sentenza della Sezione Prima del TAR Lazio n. 9759 del 15 settembre 2016 è consultabile sul sito della Giustizia Amministrativa.


Il TAR Lombardia, Milano, dopo aver precisato che l’infondatezza nel merito del ricorso esime il Giudice Amministrativo dalla disamina delle eccezioni di rito, ribadisce che il potere esercitato dall'amministrazione nelle valutazioni di compatibilità paesaggistica è connotato da ampia discrezionalità tecnico-specialistica, sindacabile in sede giurisdizionale soltanto per difetto di motivazione, illogicità manifesta ovvero errore di fatto conclamato.

La sentenza della Terza Sezione del TAR Lombardia, Milano, 12 settembre 2016 n. 1639 è consultabile sul sito della Giustizia Amministrativa.



Pubblicate sul sito dell’ANAC le linee guida di attuazione del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, recanti “Indirizzi generali sull'affidamento dei servizi attinenti all'architettura e all'ingegneria", approvate dal Consiglio dell’Autorità con delibera n. 973 del 14 settembre 2016.


Si ricorda che il 30 settembre 2016 si terrà a Lecco, Sala Don Ticozzi, via Ongania 4, dalle ore 15,00 alle ore 18,00, l'incontro formativo organizzato dalla Camera Amministrativa dell'Insubria, nell'ambito del piano dell'offerta formativa 2016, dal titolo:  "Il riordino della disciplina in materia di appalti pubblici", con relatori l'avv. Matteo Accardi e l'avv. Giuseppe Rusconi.
Le iscrizioni possono essere effettuate tramite il portale Sfera, accedendo alla sezione degli eventi dell'Ordine degli Avvocati di Lecco.
La partecipazione è gratuita e dà diritto al riconoscimento di n. 3 crediti formativi.


La Corte Costituzionale, dichiarando l’illegittimità costituzionale di alcune disposizioni legislative della Regione Liguria in materia paesaggistica, precisa che:
  • un vincolo di mero raccordo del piano regionale delle attività estrattive al piano territoriale di coordinamento paesistico comporta una significativa alterazione del principio di prevalenza gerarchica del piano paesaggistico, sancito dall'art. 145 del codice dei beni culturali e del paesaggio; 
  • non può ritenersi ammissibile che una disposizione di legge regionale limiti o alteri, in qualsivoglia forma, il principio di gerarchia degli strumenti di pianificazione dei diversi livelli territoriali, che va considerato valore imprescindibile, non derogabile dal legislatore regionale in quanto espressione di un intervento teso a stabilire una metodologia uniforme nel rispetto della legislazione di tutela dei beni culturali e paesaggistici sull'intero territorio nazionale; 
  • l’esclusione del rapporto ambientale dalla fase di adozione del progetto di piano regionale delle attività estrattive integra una violazione della prescrizione contenuta nella seconda parte del comma 3 dell’art. 13 del d.lgs. n. 152 del 2006;
  • la legislazione regionale non può prevedere «margini di flessibilità» della autorizzazione paesaggistica per l’esecuzione e l’autorizzazione all'esercizio dell’attività estrattiva; l’espressione «margini di flessibilità» non risulta contemplata dalla normativa statale e il rapporto di necessaria presupposizione, stabilito dall'art. 146, comma 4, del codice dei beni culturali e del paesaggio, tra l’autorizzazione paesistica e l’autorizzazione all'esercizio dell’attività estrattiva, impone che quest’ultima non possa avere dei contenuti, come i detti «margini di flessibilità», che non risultino già previsti e disciplinati nell'autorizzazione paesistica, non essendo consentito al legislatore regionale di introdurre, ex novo, categorie concettuali ed istituti idonei, per la loro indeterminatezza, a cagionare l’elusione dei precetti statali; 
  • la regolamentazione del riempimento delle cave mediante rifiuti da estrazione spetta, in via esclusiva, alla Stato e non è consentito alle Regioni di introdurre norme che deroghino, in senso peggiorativo, rispetto alla disciplina statale, in particolare, permettendo di effettuare negli impianti a servizio dell’attività di cava il recupero e la lavorazione di materiali di provenienza esterna, senza richiamare, in modo analitico, le condizioni poste in materia dalla disciplina statale, e subordinandole a semplice SCIA, senza stabilire che questa debba essere successiva e condizionata al rilascio delle autorizzazioni ambientali; 
  • la previsione normativa secondo la quale le modifiche al piano regionale delle attività estrattive non comportanti variante al piano territoriale di coordinamento paesistico o modifica alla tipologia di cava sono approvate dalla Giunta regionale previo parere dei comuni, della Città metropolitana e delle province territorialmente interessati, non prevedendo alcuna partecipazione degli organi ministeriali ai procedimenti da essa disciplinati, si pone in contrasto con la previsione dell’art. 145, comma 5, del codice dei beni culturali e del paesaggio, che stabilisce, invece, che la regione disciplina il procedimento di conformazione e adeguamento degli strumenti urbanistici alle previsioni della pianificazione paesaggistica, assicurando la partecipazione degli organi ministeriali al procedimento medesimo; 
  • la previsione che consente alla Regione di rilasciare autorizzazioni aventi ad oggetto un incremento sino a una determinata percentuale della superficie dell’areale di cava e/o la modifica della tipologia normativa, sulla base della presunzione ex lege che tali incrementi non comportino mai variazioni al PTCP, deve costituire, per quanto concerne le zone soggette a vincolo paesaggistico sulla base di previsione di legge o di specifico provvedimento, oggetto di specifico accordo tra la Regione e il Ministero dei beni e delle attività culturali, secondo quanto previsto, in materia, dagli artt. 135, 143 e 156 del codice dei beni culturali e del paesaggio, che sanciscono il principio inderogabile della pianificazione congiunta.

La sentenza della Corte Costituzionale n. 210 del 16 settembre 2016 è consultabile sul sito della Corte Costituzionale. 


Sulla Gazzetta Ufficiale, serie generale, n. 217 del 16 settembre 2016, è pubblicato il decreto n. 106 del 12 settembre 2016 del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa che ha disposto che la sperimentazione del Processo Amministrativo Telematico avrà inizio il 10 ottobre 2016 e avrà termine il 30 novembre 2016 con riguardo ai soli giudizi introdotti con i ricorsi depositati in primo o in secondo grado.
Nelle premesse del decreto si prevede che in questa fase tutti i depositi delle parti del giudizio e tutta la conseguente attività delle Segreterie, relativi ai giudizi introdotti con i ricorsi depositati in primo o in secondo grado, dovranno obbligatoriamente essere effettuati anche in via telematica.


La Commissione speciale del Consiglio di Stato ha reso il parere sulle linee guida dell’ANAC relative ai criteri di scelta dei commissari di gara e di iscrizione degli esperti nell’Albo nazionale obbligatorio dei componenti delle commissioni aggiudicatrici.

Il parere della Commissione speciale del Consiglio di Stato n. 1919 del 14 settembre 2016 (adunanza del 30 agosto 2016) è consultabile sul sito della Giustizia Amministrativa


La Commissione speciale del Consiglio di Stato ha reso il parere sullo schema di regolamento dell’ANAC per il rilascio dei pareri di precontenzioso, ai sensi dell’art. 211 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50.

Il parere della Commissione speciale del Consiglio di Stato n. 1920 del 14 settembre 2016 (adunanza del 30 agosto 2016) è consultabile sul sito della Giustizia Amministrativa.


La Commissione speciale del Consiglio di Stato ha reso il parere sulle linee guida dell’ANAC sulle procedure per l'affidamento dei contratti pubblici di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, indagini di mercato e formazione e gestione degli elenchi di operatori economici.

Il parere della Commissione speciale del Consiglio di Stato n. 1903 del 13 settembre 2016 (adunanza del 30 agosto 2016) è consultabile sul sito della Giustizia Amministrativa


Sulla Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, n. 214 del 13 settembre 2016 è pubblicato il decreto legislativo 26 agosto 2016 n. 179, recante modifiche ed integrazioni al Codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, ai sensi dell'articolo 1 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche.


Il Consiglio di Stato, nel richiamare i principi espressi dalla giurisprudenza in relazione all’esercizio del potere di pianificazione urbanistica e alla natura della motivazione delle scelte in tal modo effettuate, precisa che:

  • il potere di pianificazione territoriale deve essere correlato a un concetto di urbanistica che non è limitato alla disciplina coordinata della edificazione dei suoli (relativamente ai tipi di edilizia, distinti per finalità), ma che è volto a perseguire obiettivi economico-sociali della comunità locale, in armonico rapporto con analoghi interessi di altre comunità territoriali;
  • il concetto di urbanistica non è strumentale solo all'interesse pubblico all'ordinato sviluppo edilizio del territorio in relazione alle diverse tipologie di edificazione, ma è volto funzionalmente alla realizzazione contemperata di una pluralità di interessi pubblici che trovano il proprio fondamento in valori costituzionalmente tutelati;
  • la motivazione di accordare o meno una variante urbanistica finalizzata all'insediamento di una grande struttura commerciale interessante una importante e strategica porzione del territorio comunale, ancorché diretta a incidere formalmente su una singola area, deve essere conforme al complesso di scelte da effettuarsi nella sede dello strumento urbanistico secondo criteri di sufficienza e congruità, rispetto alle quali la posizione del privato, per quanto meritevole in sé di apprezzamento, si appalesa senz’altro recessiva;
  • le scelte effettuate dall'Amministrazione in sede di pianificazione urbanistica di carattere generale costituiscono apprezzamento di merito sottratto al sindacato di legittimità se non per profili di manifesta illogicità ed irragionevolezza.

La sentenza della Quarta Sezione del Consiglio di Stato n. 3806 del 5 settembre 2016 è consultabile sul sito di Giustizia Amministrativa.


Si ricorda che il 22 e 23 settembre 2016 si terrà al Castello di Rivalta (Piacenza) la prima Scuola d’estate per l’avvocatura di diritto amministrativo dedicata al tema “Pubblica amministrazione e risarcimento del danno”.
L’iniziativa formativa è organizzata in collaborazione tra la Società Avvocati Amministrativisti dell’Emilia-Romagna (SAAER), aderente all'Unione Nazionale degli Avvocati Amministrativisti,  e l’Unione Nazionale Avvocati degli Enti Pubblici (UNAEP).
A oggi c'è ancora disponibilità di iscrizione, sino al raggiungimento del numero massimo di 100 partecipanti, e la partecipazione consente l'attribuzione di 12 crediti formativi, riconosciuti dall'Ordine degli Avvocati di Piacenza.
Il programma dei lavori delle due giornate è consultabile nella locandina.
È prevista la possibilità di una visita guidata al Castello, programmata al termine dei lavori della giornata di giovedì 22 settembre (la visita dura circa un'ora, al costo individuale di Euro 10,00).
Per l’iscrizione e per ulteriori informazioni è possibile consultare il sito dedicato all'evento.


La Corte di Giustizia UE, Ottava Sezione, in tema di modifiche ai contenuti di un appalto pubblico intervenute dopo l'aggiudicazione, ha statuito che:
  • L’articolo 2 della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, deve essere interpretato nel senso che, dopo l’aggiudicazione di un appalto pubblico, a tale appalto non può essere apportata una modifica sostanziale senza l’avvio di una nuova procedura di aggiudicazione, anche qualora tale modifica costituisca, obiettivamente, una modalità di composizione transattiva comportante rinunce reciproche per entrambe le parti, allo scopo di porre fine a una controversia, dall'esito incerto, sorta a causa delle difficoltà incontrate nell'esecuzione di tale appalto. La situazione sarebbe diversa soltanto nel caso in cui i documenti relativi a detto appalto prevedessero la facoltà di adeguare talune sue condizioni, anche importanti, dopo la sua aggiudicazione e fissassero le modalità di applicazione di tale facoltà”.


La sentenza della Ottava Sezione della Corte di Giustizia UE del 7 settembre 2016 (causa C-549-14) è consultabile sul sito della Corte di Giustizia



Sulla Gazzetta Ufficiale n. 209 del 7 settembre 2016, Supplemento Ordinario n. 41, è stato pubblicato il decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174, con il quale è stato approvato il codice di giustizia contabile, ai sensi dell'articolo 20 della legge 7 agosto 2015, n. 124, che entrerà in vigore il trentesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.R.I.


Il Consiglio di Stato precisa che se è vero che, ai fini della decorrenza del termine di decadenza per l’impugnazione di un provvedimento è sufficiente la conoscenza formale dei suoi elementi essenziali e della sua portata dispositiva, con la conseguenza dell’ininfluenza della mancata conoscenza della motivazione dell’atto lesivo e della documentazione istruttoria assunta a suo fondamento, è anche vero che il mero deposito in giudizio della determinazione pregiudizievole non può essere in alcun modo qualificato come evento idoneo, di per sé, a integrare la conoscenza dell’atto (a meno che non sia ricollegabile alla scadenza di un adempimento processuale, che implica l’accesso agli atti del fascicolo), ai fini della decorrenza del termine per la sua impugnazione.
Non appare configurabile un onere di consultazione quotidiana degli atti del fascicolo d’ufficio da parte del difensore, che consenta, in quanto tale, di presumere la conoscenza (peraltro, da parte del solo procuratore costituito e non della parte personalmente) di ogni documento depositato in giudizio, sicché il dies a quo del termine di decadenza per l’impugnazione deve essere identificato in quello in cui risulti provato che la parte abbia, effettivamente e concretamente, acquisito la sua conoscenza.

La sentenza della Terza Sezione del Consiglio di Stato n. 3709 del 26 agosto 2016 è consultabile sul sito di Giustizia Amministrativa.