Il TAR Brescia respinge un motivo di ricorso con il quale si lamenta l’illegittimità di una previsione di una pista ciclopedonale contenuta in una variante al PGT per contrasto con gli artt. 17 e 19 del PTR che conterrebbero disposizioni ambientali vincolanti per la pianificazione di livello inferiore ai sensi dell’art. 76, comma 2, della LR urbanistica n. 12/2005 (LUR) e osserva:
<<a) Preliminarmente si osserva che l’art. 76, comma 2, della LUR stabilisce che “Le prescrizioni attinenti alla tutela del paesaggio contenute nel PTR sono cogenti per gli strumenti di pianificazione dei Comuni e sono immediatamente prevalenti sulle disposizioni difformi eventualmente contenute negli strumenti di pianificazione ...”.
Tale disposizione, poiché comporta una limitazione alla potestà pianificatoria riconosciuta ai Comuni dalla Costituzione (cfr. Corte Cost. n. 179/2019), costituisce una norma di stretta interpretazione.
b) Oltre a ciò si rileva che, nel caso di specie, l’art. 17 del PTR prevede come “obiettivo generale” quello il “recuperare e preservare l'alto grado di naturalità, tutelando le caratteristiche morfologiche e vegetazionali dei luoghi”.
Ebbene la previsione dell’“obiettivo generale” evoca un obiettivo da perseguire e non è quindi assimilabile alla “prescrizione” di cui all’art. 76, comma 2 della LUR invocato dalla ricorrente che, invece, presenta un effetto cogente diretto.
c) L’art. 19, comma 5, stabilisce che nei territori contermini ai laghi “le priorità di tutela e valorizzazione del paesaggio sono specificamente rivolte a garantire la coerenza e organicità degli interventi riguardanti sponde e aree contermini al fine di salvaguardare l'unitarietà e la riconoscibilità del lungolago; la pianificazione locale, tramite i P.T.C. di parchi e province e i P.G.T., e gli interventi di trasformazione devono quindi porre specifica attenzione alle seguenti indicazioni paesaggistiche, che specificano ed integrano quanto indicato al precedente comma 4:
- salvaguardia delle sponde nelle loro connotazioni morfologiche e naturalistiche, strettamente relazionate con i caratteri culturali e storico-insediativi, che contribuiscono a definire identità, riconoscibilità e valori ambientali della consolidata immagine dei paesaggi rivieraschi, con specifica attenzione alla conservazione degli spazi inedificati, al fine di evitare continuità del costruito che alterino la lettura dei distinti episodi insediativi;
- [.....];
- valorizzazione del sistema di fruizione pubblica del paesaggio lacuale, costituito da accessi a lago e da percorsi e punti panoramici a lago, correlata all'estensione delle aree ad esclusivo uso pedonale o a traffico limitato, con previsione di adeguate strutture di sosta a basso impatto visivo, escludendo di massima il lungolago ....”
Anche quest’ultima disposizione:
i) non ha carattere prescrittivo ma fissa semplicemente un “obiettivo”, come del resto ammette anche la ricorrente, con esclusione degli effetti cogenti di cui all’art. 76, comma 2 della LUR;
ii) non impedisce gli interventi modificativi delle sponde del lago, ma stabilisce come obiettivo proprio quello della “valorizzazione del sistema di fruizione pubblica del paesaggio lacuale, costituito da accessi a lago e da percorsi e punti panoramici a lago, correlata all'estensione delle aree ad esclusivo uso pedonale o a traffico limitato, con previsione di adeguate strutture di sosta a basso impatto visivo, escludendo di massima il lungolago ....”.
Quindi, non solo non sono vietate le piste ciclabili, ma esse sono inquadrabili nell’obiettivo della valorizzazione e della fruizione pubblica, anche perché la pista in questione avrà uno sviluppo omogeneo per tutto l’anello delle sponde lacuali, conseguendo l’obiettivo della “organicità degli interventi riguardanti sponde e aree contermini al fine di salvaguardare l'unitarietà”.
Infine l’inciso per cui “di massima” si deve escludere il “lungolago” non osta alla previsione della pista ciclabile, sia perché l’uso dell’avverbio “di massima” non è preclusivo, sia perché esso appare rivolto a limitare interventi diversi di quelli ciclopedonali, ossia l’accesso con autoveicoli per le menzionate aree che è ammesso purché per le sole zone a “traffico limitato” e, quindi, è logico che esso possa venire escluso dal lungolago.
In conclusione la previsione della pista ciclopedonale da parte dell’impugnata variante al P.g.t. non contrasta le citate disposizioni del PTR.>>
TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 1119 del 11 novembre 2022.


Il TAR Milano ribadisce che con riferimento agli impianti di telefonia e di telecomunicazioni la normativa di rango primario di cui al D.Lgs. n. 259/2003 prevale sulla disciplina regionale di cui al Piano Territoriale Paesistico Regionale (PTPR), sicché l’esame di impatto paesistico non è previsto per gli impianti siti in aree non soggette a vincolo paesaggistico (cfr. TAR Lombardia, Milano, II, n. 252/2022 e n. 471/2021).

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1984 del 9 settembre 2022.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano, quanto alla necessità di sottoporre alla valutazione di impatto paesistico, prevista dal PTPR della Regione Lombardia, gli impianti di telefonia mobile non inseriti in zona vincolata ex d.lgs. n. 42/2004 osserva che:
<<per tale ipotesi la giurisprudenza ha chiarito che contrasta con la disciplina del D.Lgs. n. 259/2003 l’obbligo previsto da un regolamento o da una atto di pianificazione generale che impone la valutazione di Impatto Paesistico per gli impianti di telefonia come quello di cui è causa (cfr. sul punto Consiglio di Stato, Sezione VI, sentenza n. 7943/2009 di conferma della sentenza di questa Sezione n. 554/2008, secondo cui: «…il procedimento di cui all’art. 87, d.lgs. n. 259/2003, sostituisce e assorbe il procedimento abilitativo edilizio, e conseguente assorbe tutti gli elementi necessari nel suo ambito, ivi compresa l’esame di impatto paesistico. Inoltre, come già osservato, dagli artt. 86 e 87, d.lgs. n. 259/2003, si evince che sono fatti salvi solo i procedimenti a tutela di "beni ambientali", ossia di beni specificamente sottoposti a vincolo paesaggistico, e non i procedimenti genericamente volti a tutelare indifferenziatamente il paesaggio a prescindere dall’esistenza di un vincolo specifico»)>>.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 252 del 3 febbraio 2022.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Con avviso di rettifica, pubblicato sul BURL 18 gennaio 2022 n. 3, con oggetto "D.c.r. 2 dicembre 2021, n. 2137 «Revisione generale del Piano Territoriale Regionale, comprensivo del progetto di valorizzazione del paesaggio» pubblicata sul BURL n. 52 serie ordinaria del 29 dicembre 2021", si precisa:
Al punto 1 del dispositivo, della d.c.r. riportata in oggetto, le parole: «di approvare» sono sostituite con le seguenti: «di adottare».

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Il TAR Milano, dopo aver premesso che
<<in base all’art. 2, co. 4, della legge regionale n. 12 del 2005, il Piano Territoriale Regionale e i Piani Territoriali di Coordinamento Provinciale hanno efficacia di orientamento, indirizzo e coordinamento, fatte salve le previsioni che, ai sensi della stessa legge, abbiano efficacia prevalente e vincolante. Il modello delineato dalla legge regionale prevede che i piani collocati al livello superiore non sono gerarchicamente sovraordinati agli altri, ma dettano una disciplina di orientamento, indirizzo e coordinamento, che non può essere stravolta ma, in particolari casi, derogata dalla disciplina puntuale dettata dallo strumento di pianificazione contenente disposizioni di maggior dettaglio. Ciò naturalmente non può azzerare il potere pianificatorio dei Comuni, la cui partecipazione deve essere quindi assicurata e non può essere puramente nominale, essendo precluso a Regioni e Province trasformare i poteri comunali in ordine all’uso del territorio in funzioni meramente consultive prive di reale incidenza, o in funzioni di proposta o ancora in semplici attività esecutive>>;
precisa che:
<<Nel perseguimento degli obiettivi di tutela stabiliti dal P.T.R. e a protezione dei valori paesaggistici ivi indicati, questa Sezione ha ritenuto che il P.T.C.P. ben possa introdurre ulteriori disposizioni, destinate a prevalere immediatamente sugli strumenti comunali, riferite anche ad aree e a beni che non siano stati direttamente e specificamente individuati dal P.T.R. D’altra parte, il riconoscimento della possibilità per il P.T.C.P. di dettare siffatte previsioni appare del tutto rispondente alle finalità stesse dello strumento di pianificazione provinciale, cui l’articolo 15 della legge regionale n. 12 del 2005 attribuisce un ruolo di rilievo in tema di conservazione dei valori ambientali e paesaggistici>>.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1392 del 8 giugno 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano precisa che l’art. 20 della L.R. n. 12/2005 introduce un criterio di prevalenza delle previsioni del P.T.R. concernenti la realizzazione di infrastrutture prioritarie sulle difformi previsioni contenute nella pianificazione locale (e, in particolare, nel P.G.T.), sempre che tale prevalenza sia stabilita dallo stesso P.T.R., in tal senso dovendosi interpretare l’inciso, contenuto nel comma 5 citato, «qualora ciò sia previsto dal piano».
Ciò posto, aggiunge il TAR che la rete ecologica regionale (R.E.R.) <<costituisce certamente un’infrastruttura prioritaria, in quanto tale essendo riconosciuta dal P.T.R., ed è altresì dotata del carattere di prevalenza sulle previsioni della pianificazione locale. In tal senso si è espresso il Consiglio di Stato, osservando che «tale rapporto di prevalenza sia stato affermato a più riprese nelle delibere di giunta regionale n. 8515/2008, 6447/2008 e 10962/2009» e che «avendo il documento di Piano richiamato definendola “prioritaria” la citata infrastruttura siccome connotata ex art. 3 ter della legge regionale n. 86/1983, ne discende che il detto rapporto di prevalenza […] può essere positivamente affermato» (Cons. Stato, Sez. IV, 16 aprile 2012, n. 2170). Da ciò discende il dovere di adeguare la pianificazione comunale alle prescrizioni della R.E.R., «che non significa, è ovvio, assoluta inedificabilità od impedimento dirimente all’adozione di varianti che insistano sull’area, ma compiuta istruttoria su tale aspetto, verifica di compatibilità ed adozione delle eventuali misure compensative, siccome indicate nel PTR […] e che stabiliscono un generale auspicio ad evitare trasformazioni» (Cons. Stato, Sez. IV, 16 aprile 2012, n. 2170)>>.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 818 del 29 marzo 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Secondo il TAR Milano, il modello delineato dalla legislazione regionale prevede che i piani collocati al livello superiore non siano gerarchicamente sovraordinati agli altri, ma dettino una disciplina di orientamento, indirizzo e coordinamento, che non può essere stravolta ma, in particolari casi, derogata dalla disciplina puntuale dettata dallo strumento di pianificazione contenente disposizioni di maggior dettaglio; pertanto, nel perseguimento degli obiettivi di tutela stabiliti dal PTR e dunque dal Piano paesaggistico regionale, ben può il PTCP introdurre ulteriori disposizioni destinate a prevalere anche per aree che non siano state direttamente e specificamente individuate dal P.T.R.; sussiste quindi, in relazione agli atti di pianificazione del territorio della Regione Lombardia, una disciplina positiva del c.d. principio di maggior dettaglio o di maggior definizione.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Terza, n. 2377 del 23 ottobre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Secondo il TAR Milano è illegittima l’approvazione definitiva di un P.G.T. che non recepisce o quantomeno chiarisce diffusamente e convincentemente le ragioni del mancato adeguamento alle indicazioni e indirizzi prevalenti, ai sensi dell’art. 13, comma 7, della legge regionale n. 12 del 2005, espressi dalla Regione in fase di valutazione della compatibilità dell’adottato P.G.T. rispetto al P.T.R.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 1532 del 18 giugno 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Pubblicata sul B.U.R.L., Serie Generale,  n. 22 del 29 maggio 2017, la delibera del Consiglio Regionale del 3 maggio 2017 - n. X/1523 «Adozione dell’integrazione del Piano Territoriale Regionale, ai sensi della l.r. 31/2014 (articolo 21 l.r. 11 marzo 2005, n. 12 (legge per il governo del territorio)».

Con avviso di errata corrige pubblicato sul B.U.R.L., Serie Ordinaria, n. 22 del 30 maggio 2017 è stato precisato che la data della succitata deliberazione del Consiglio regionale è 23 maggio 2017 anziché 3 maggio 2017, come erroneamente pubblicato.


La Corte Costituzionale, dichiarando l’illegittimità costituzionale di alcune disposizioni legislative della Regione Liguria in materia paesaggistica, precisa che:
  • un vincolo di mero raccordo del piano regionale delle attività estrattive al piano territoriale di coordinamento paesistico comporta una significativa alterazione del principio di prevalenza gerarchica del piano paesaggistico, sancito dall'art. 145 del codice dei beni culturali e del paesaggio; 
  • non può ritenersi ammissibile che una disposizione di legge regionale limiti o alteri, in qualsivoglia forma, il principio di gerarchia degli strumenti di pianificazione dei diversi livelli territoriali, che va considerato valore imprescindibile, non derogabile dal legislatore regionale in quanto espressione di un intervento teso a stabilire una metodologia uniforme nel rispetto della legislazione di tutela dei beni culturali e paesaggistici sull'intero territorio nazionale; 
  • l’esclusione del rapporto ambientale dalla fase di adozione del progetto di piano regionale delle attività estrattive integra una violazione della prescrizione contenuta nella seconda parte del comma 3 dell’art. 13 del d.lgs. n. 152 del 2006;
  • la legislazione regionale non può prevedere «margini di flessibilità» della autorizzazione paesaggistica per l’esecuzione e l’autorizzazione all'esercizio dell’attività estrattiva; l’espressione «margini di flessibilità» non risulta contemplata dalla normativa statale e il rapporto di necessaria presupposizione, stabilito dall'art. 146, comma 4, del codice dei beni culturali e del paesaggio, tra l’autorizzazione paesistica e l’autorizzazione all'esercizio dell’attività estrattiva, impone che quest’ultima non possa avere dei contenuti, come i detti «margini di flessibilità», che non risultino già previsti e disciplinati nell'autorizzazione paesistica, non essendo consentito al legislatore regionale di introdurre, ex novo, categorie concettuali ed istituti idonei, per la loro indeterminatezza, a cagionare l’elusione dei precetti statali; 
  • la regolamentazione del riempimento delle cave mediante rifiuti da estrazione spetta, in via esclusiva, alla Stato e non è consentito alle Regioni di introdurre norme che deroghino, in senso peggiorativo, rispetto alla disciplina statale, in particolare, permettendo di effettuare negli impianti a servizio dell’attività di cava il recupero e la lavorazione di materiali di provenienza esterna, senza richiamare, in modo analitico, le condizioni poste in materia dalla disciplina statale, e subordinandole a semplice SCIA, senza stabilire che questa debba essere successiva e condizionata al rilascio delle autorizzazioni ambientali; 
  • la previsione normativa secondo la quale le modifiche al piano regionale delle attività estrattive non comportanti variante al piano territoriale di coordinamento paesistico o modifica alla tipologia di cava sono approvate dalla Giunta regionale previo parere dei comuni, della Città metropolitana e delle province territorialmente interessati, non prevedendo alcuna partecipazione degli organi ministeriali ai procedimenti da essa disciplinati, si pone in contrasto con la previsione dell’art. 145, comma 5, del codice dei beni culturali e del paesaggio, che stabilisce, invece, che la regione disciplina il procedimento di conformazione e adeguamento degli strumenti urbanistici alle previsioni della pianificazione paesaggistica, assicurando la partecipazione degli organi ministeriali al procedimento medesimo; 
  • la previsione che consente alla Regione di rilasciare autorizzazioni aventi ad oggetto un incremento sino a una determinata percentuale della superficie dell’areale di cava e/o la modifica della tipologia normativa, sulla base della presunzione ex lege che tali incrementi non comportino mai variazioni al PTCP, deve costituire, per quanto concerne le zone soggette a vincolo paesaggistico sulla base di previsione di legge o di specifico provvedimento, oggetto di specifico accordo tra la Regione e il Ministero dei beni e delle attività culturali, secondo quanto previsto, in materia, dagli artt. 135, 143 e 156 del codice dei beni culturali e del paesaggio, che sanciscono il principio inderogabile della pianificazione congiunta.

La sentenza della Corte Costituzionale n. 210 del 16 settembre 2016 è consultabile sul sito della Corte Costituzionale.