Il TAR Milano ricorda che la domanda di fissazione dell'udienza di discussione va proposta con atto separato dal ricorso, ed è inidonea allo scopo la domanda formulata in calce al ricorso introduttivo, che non impedisce quindi la perenzione del giudizio (C.d.S., Sez. IV, 6.6.2017, n. 2714), come anche desumibile dallo stesso tenore letterale dell’art. 71 c. 1 cit., secondo cui la fissazione dell'udienza di discussione deve essere chiesta da una delle parti con apposita istanza, non revocabile, da presentare entro il termine massimo di un anno dal deposito del ricorso.

TAR Lombardia, Milano, I, n. 1712 del 4 luglio 2023


Il TAR Milano osserva che:
- l’art. 82, comma 1, c.p.a., stabilisce che "Dopo il decorso di cinque anni dalla data di deposito del ricorso, la segreteria comunica alle parti costituite apposito avviso in virtù del quale è fatto onere al ricorrente di presentare nuova istanza di fissazione di udienza, sottoscritta dalla parte che ha rilasciato la procura di cui all'articolo 24 e dal suo difensore, entro centoventi giorni dalla data di ricezione dell'avviso. In difetto di tale nuova istanza, il ricorso è dichiarato perento";
- tale norma è stata oggetto di modifica da parte dall'art. 17, comma 7, lett. a) n. 5), del d.l. n. 80 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 113 del 2021, il quale ha ridotto a centoventi giorni il termine previsto per la presentazione della nuova istanza di fissazione di udienza, prima stabilito in centottanta giorni;
- stante la natura processuale della previsione, tale modifica si applica anche ai processi in corso e, quindi, anche ai processi pendenti alla data di entrata in vigore della novella vale il termine di centoventi giorni.

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 2303 del 21 ottobre 2022.


Anche il TAR Brescia, dopo il TAR Milano, ritiene che il termine di perenzione ultraquinquennale di cui all’articolo 82, comma 1, c.p.a., non essendo correlato al compimento di specifiche attività processuali delle parti, non è soggetto alla sospensione straordinaria dei termini processuali di cui alla normativa emergenziale per l’epidemia da Covid 19, laddove invece resta soggetto a tale sospensione straordinaria il diverso termine di 180 giorni dalla comunicazione dell’avviso di perenzione ultraquinquennale, previsto dallo stesso articolo 82, comma 1, c.p.a., per la presentazione di una nuova istanza di fissazione di udienza da parte delle parti interessate, trattandosi per l’appunto di un termine a cui è correlato il compimento di una specifica attività processuale.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 698 del 27 luglio 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri


Il TAR Milano ritiene che la sospensione straordinaria dell’art. 84 c. 1 d.l. n. 18/2020, conv. in l. n. 27/2020, nel periodo compreso tra l’8 marzo e il 15 aprile 2020 non si applica al termine quinquennale di cui all’art. 82 c.p.a.; precisa il TAR che l’art. 84 c. 1 d.l. n. 18/2020, nel disporre che “tutti i termini relativi al processo amministrativo sono sospesi”, rinvia espressamente, quanto alla disciplina, all’articolo 54, comma 2 c.p.a., il quale a sua volta dispone la sospensione feriale dei termini dal 1 agosto al 31 agosto di ciascun anno; sospensione quest’ultima che, secondo orientamento condiviso dal collegio, non si applica al termine quinquennale di cui all’art. 82 c.p.a., stante la sua natura sostanziale.
Aggiunge che quanto ai motivi aggiunti impropri, gli stessi, oltre a costituire una domanda nuova, integrano un nuovo atto di impulso processuale, dal quale deve computarsi un nuovo termine quinquennale ai fini della perenzione onde occorre distinguere tra la perenzione del ricorso originario e quella del ricorso per motivi aggiunti.

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 1787 del 22 luglio 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



Il TAR Brescia dichiara la perenzione del ricorso nei confronti di alcuni ricorrenti che non hanno sottoscritto l’istanza di fissazione dell’udienza ex art. 82 c.p.a. che onera il ricorrente di presentare nuova istanza di fissazione di udienza, sottoscritta dalla parte che ha rilasciato la procura di cui all’articolo 24 e dal suo difensore entro centottanta giorni dalla ricezione dell’avviso di perenzione.
Precisa al riguardo che: «Gli originari proponenti l’odierno gravame, infatti, erano titolari di posizioni soggettive distinte, sicché era onere di ciascuno di essi attivarsi con l’atto di impulso, dichiarando l’interesse a proseguire l’azione promossa per la loro tutela. Il Collegio è ben consapevole dell’orientamento giurisprudenziale secondo cui, nel caso di ricorso collettivo, è sufficiente ad impedire il verificarsi di tale causa estintiva il fatto che la dichiarazione prevista dalla legge sia formulata e sottoscritta da una sola delle parti ricorrenti (Cons. Stato, sez. II, 6 aprile 2020, n. 2304; Cons. Stato, sez. V, 29 ottobre 2014, n. 5344); detto principio è stato peraltro affermato con riferimento a cause inscindibili, laddove invece -a fronte di cause scindibili quale quella odierna- “gli effetti processuali della dichiarazione di una o più parti sono inevitabilmente inidonei a estendersi alle altre parti, ben potendo la vicenda processuale, proprio in virtù della rilevata scindibilità delle posizioni, continuare a svolgersi solo nei confronti di alcune delle parti e non di altre.” (Cons. Stato, sez. IV, ord. 27 settembre 2016, n. 3951)».

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 428 del 4 giugno 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano precisa che la formulazione di una istanza di fissazione d'udienza, necessaria per evitare l'estinzione per perenzione del ricorso, non può essere desunta aliunde e, in particolare, dalla mera circostanza della presentazione dell'istanza di sospensione dell'atto impugnato, posto che quest'ultima serve ad introdurre un procedimento incidentale, inserito in quello principale, ma autonomo e distinto, onde la richiesta di tutela cautelare non è idonea ad interrompere il termine di perenzione del giudizio principale.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 949 del 28 maggio 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Secondo il Consiglio di Stato, è inefficace la notifica dell’avviso di perenzione ultraquinquennale effettuata all’indirizzo PEC del domiciliatario non avvocato non inserito in alcun pubblico elenco, atteso che, ai sensi dell’art. 136 c.p.a., tale avviso può produrre efficacia solo se inviato ad un indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi.

Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 8877 del 27 dicembre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Secondo il TAR Milano nell’ipotesi di giudizio conseguente a riassunzione a seguito del rinvio al giudice di primo grado da parte del Consiglio di Stato che ha annullato la sentenza del TAR declinatoria della giurisdizione, il termine quinquennale previsto dall’art. 82 c.p.a. decorre dal deposito del ricorso in riassunzione ex art. 105, terzo comma, c.p.a., e non già dal deposito del ricorso introduttivo della precedente fase processuale conclusasi con la pronunzia della sentenza, poi annullata dal giudice d’appello.

L’ordinanza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Terza, n. 241 del 4 febbraio 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Secondo il Consiglio di Stato, non risulta rilevante che l’avviso di perenzione quinquennale, correttamente spedito dalla segreteria alla p.e.c. del difensore del ricorrente e risultato ricevuto dalla predetta casella, sia pervenuto nella casella SPAM del difensore di parte ricorrente, poiché tale casella rientra comunque nella sfera di vigilanza del ricevente; e non sussistono nemmeno i presupposti della eccezionalità della situazione e della non imputabilità assoluta e oggettiva del fatto impeditivo al ricorrente per la concessione dell’errore scusabile ai fini della rimessione in termini, quest’ultimo essendo un istituto con carattere eccezionale che si risolve in una deroga al principio fondamentale di perentorietà dei termini processuali (ivi incluso quello entro il quale è necessario, per evitare la perenzione, presentare domanda di fissazione di udienza per i ricorsi ultraquinquennali), con la conseguenza che la disposizione che lo ha codificato (art. 37 c.p.a.) deve ritenersi di stretta interpretazione anche per non inficiare il principio, quantomeno di pari dignità rispetto all'esigenza di assicurare l'effettività della tutela giurisdizionale, della parità delle parti relativamente all'osservanza dei termini processuali perentori.

L'ordinanza del Consiglio di Stato, Sezione Quinta, n. 2683 del 7 maggio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il Consiglio di Stato, dopo aver ricordato che, ai sensi dell’art. 85, comma 7, c.p.a., avverso l’ordinanza che decide sull'opposizione proposta avverso il decreto di perenzione «può essere interposto appello», precisa che la previsione dell’appellabilità dell’ordinanza collegiale che definisce il giudizio di opposizione avverso il decreto presidenziale di perenzione presuppone che l’ordinanza sia stata pronunciata nell’ambito di un giudizio di primo grado, mentre la stessa resta sottratta a qualsiasi mezzo ordinario d’impugnazione – salvo la revocazione, in presenza dei relativi presupposti – se resa dal giudice di secondo e ultimo grado.


La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Sesta, n. 5923 del 15 dicembre 2017 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il Consiglio di Stato, Sesta Sezione, aderisce all'orientamento (Consiglio di Stato, Terza Sezione, 18 luglio 2013 n. 3911) secondo cui, ai sensi del combinato disposto degli artt. 71 e 81 c.p.a., la presentazione dell’istanza di fissazione d'udienza, entro il primo anno di pendenza del ricorso, è indispensabile per evitare la perenzione; conseguentemente, con l’entrata in vigore del codice del processo amministrativo, gli “atti di procedura” diversi dall'istanza di fissazione d'udienza non sono idonei al fine di evitare l’estinzione del giudizio per perenzione.

L’ordinanza della Sesta Sezione del Consiglio di Stato n. 4176 del 10 ottobre 2016 è consultabile sul sito di Giustizia Amministrativa.