Il TAR Milano osserva che:
<<i) il codice del processo amministrativo, pur rinviando al codice di procedura civile per la disciplina della “interruzione” (articolo 79, co. 2, c.p.a.), detta, ai sensi dell’articolo 80, comma 3, c.p.a., una regolazione completa ed autonoma del termine di riassunzione del processo interrotto, non coincidente con quella applicabile al processo civile (sull’autonomia della disciplina processuale amministrativa, cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 23.7.2019, n. 5188, e Consiglio di Stato, sez. V, 27.5.2014, n. 2713);
ii) in particolare, mentre in ambito amministrativo il dies a quo del termine di riassunzione viene ancorato alla “conoscenza legale dell'evento interruttivo, acquisita mediante dichiarazione, notificazione o certificazione” (articolo 80, co. 3, c.p.a.), in ambito civile, invece, detto termine decorre “dall’interruzione” del processo (articolo 305 c.p.c.);
iii) sebbene entrambe le disposizioni, prescindendo dal provvedimento giudiziale di dichiarazione dell’interruzione, regolino l’interruzione del giudizio come conseguenza automatica dell’evento cui l’ordinamento collega il relativo effetto (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 20.11.2011, n. 6730), in ambito amministrativo, il termine di riassunzione comincia a decorrere allorquando le altre parti abbiano avuto legale conoscenza dell’evento interruttivo, acquisibile mediante la relativa dichiarazione (ovvero, la certificazione o notificazione dell’evento).
7.2.2. Pertanto, la riassunzione deve ritenersi, nel caso di specie, tempestivamente effettuata dalla parte che vi provvede entro il termine di cui all’art. 80, co. 3, c.p.a., decorrente dalla data della conoscenza legale dell’evento.
7.2.3. Per mera completezza si osserva come a non diversa conclusione si pervenga evocando le soluzioni affermate nel limitrofo settore civilistico atteso che nel processo civile, qualora la parte sia costituita a mezzo di procuratore, l'evento della morte, radiazione o sospensione di quest'ultimo produce la automatica interruzione del giudizio, con effetto immediato, senza alcuna necessità di dichiarazione o notificazione e a prescindere dalla effettiva conoscenza che del predetto evento possano avere avuto la parte o il giudice. Il termine per la riassunzione del processo interrotto, peraltro, a seguito delle sentenze n. 139 del 1967, 178, del 1970, 159 del 1971 e 36 del 1976 della Corte costituzionale, decorre non già dal momento in cui l'evento interruttivo si verifica, ma da quello in cui la parte ne abbia conoscenza legale, e, quindi, a seguito di dichiarazione, notificazione, certificazione dell'evento ovvero lettura in udienza dell'ordinanza di interruzione, non essendo - per converso - sufficiente la conoscenza acquisita aliunde da una delle parti (Cassazione civile, Sez. II, 8.8.2019, n. 21211). Negli stessi termini può segnalarsi la recente statuizione delle Sezioni unite civili della Corte di Cassazione in relazione ad altra causa automatica di interruzione costituita del fallimento. Infatti, anche in tale ipotesi le Sezioni unite ritengono di far decorrere il termine di cui all’art. 305 c.p.c. dalla conoscenza legale dell’evento interruttivo (pur automatico). Lo affermano all’esito di un percorso argomentativo particolarmente attento agli aspetti sistematici nonché alle esigenze di una tutela giurisdizionale effettiva, imposta anche dalla giurisprudenza della C.E.D.U. atteso che il principio di “sècuritè juridique” secondo la declinazione dell’art. 6, par. 1, della Convenzione tende a garantire stabilità delle situazioni giuridiche e a favorire la fiducia nella giustizia, quali elementi fondamentali di uno Stato di diritto (C.E.D.U, 29.11.2016, Paroisse greco-catholique Lupeni et autres c. Roumanie), così che il bilanciamento tra il diritto di accesso alla giustizia e la perdita della possibilità di esercizio dell'azione lascia agli Stati membri margini d'intervento (C.E.D.U., 17.1.2012, Stanev c. Bulgaria), ma evitando al contempo un eccesso di formalismo che minerebbe “l'equitè de la procedure. Del resto, l’art. 6, par. 1, della C.E.D.U. garantisce l'accesso ad un giudice per la risoluzione delle controversie e si traduce, secondo il canone di effettività, non solo nell'affermazione astratta del relativo diritto, ma nel poter conseguire “une solution juridictionnelle du litige”, altrimenti rivelandosi illusoria la previsione delle azioni senza che lo Stato si dia carico di “veiller à ce que la cause fasse l'objet d'une decision definitive à l'issue de la procedure judiciaire”, così doverosamente sostanziandosi “les garanties de procedure - equitè, publicitè et celeritè - accordees aux parties” (C.E.D.U., 1.3.2002, Kutie c. Croatie)>>.
TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 319 del 10 febbraio 2022.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Secondo il TAR Brescia la riassunzione davanti al giudice competente, nel caso in cui oggetto del controvertere sia un bando di gara, deve avvenire nel termine dimidiato di quindici giorni (nella fattispecie nell’ordinanza del TAR che aveva declinato la competenza era indicato il termine di trenta giorni per la riassunzione, circostanza che il TAR Brescia qualifica come un refuso).

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 406 del 27 maggio 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Secondo il TAR Milano nell’ipotesi di giudizio conseguente a riassunzione a seguito del rinvio al giudice di primo grado da parte del Consiglio di Stato che ha annullato la sentenza del TAR declinatoria della giurisdizione, il termine quinquennale previsto dall’art. 82 c.p.a. decorre dal deposito del ricorso in riassunzione ex art. 105, terzo comma, c.p.a., e non già dal deposito del ricorso introduttivo della precedente fase processuale conclusasi con la pronunzia della sentenza, poi annullata dal giudice d’appello.

L’ordinanza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Terza, n. 241 del 4 febbraio 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Brescia precisa che la rituale riassunzione del giudizio nel termine di tre mesi decorrenti dal passaggio in giudicato della prima sentenza, benché astrattamente idonea alla conservazione degli effetti sostanziali e processuali dell'originaria domanda, non impedisce al giudice amministrativo di verificare se l'originaria pretesa, azionata per errore dinanzi al giudice ordinario, sia stata proposta entro il termine di decadenza; la riassunzione del giudizio avanti il giudice titolare della giurisdizione non può che fare salvi gli effetti sostanziali e processuali che la domanda avrebbe prodotto se il giudice di cui è stata dichiarata la giurisdizione fosse stato adito fin dall’instaurazione del primo giudizio, ciò però non può sostenersi con riferimento alla tempestività del ricorso.

La sentenza del TAR Lombardia, Brescia, Sezione Seconda, n. 1064 del 14 novembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.