Il TAR Brescia premette che nei procedimenti di natura concorsuale l'insussistenza di controinteressati si verifica solo allorquando l'impugnazione sia proposta anteriormente all'approvazione della graduatoria; diversamente, nei casi in cui l'impugnazione avvenga successivamente all'emanazione dell'atto conclusivo del procedimento, il ricorso deve essere notificato - ai fini della sua ammissibilità - ad almeno un controinteressato ex art. 41, comma 2, c.p.a. Ciò premesso il TAR dichiara inammissibile un ricorso in quanto notificato al candidato collocato in graduatoria in posizione non utile e che, al momento della proposizione del ricorso, non vantava una posizione giuridica qualificata alla conservazione del decreto di nomina impugnato; il semplice collocamento in graduatoria come idoneo non conferisce un attuale interesse sostanziale alla conservazione della procedura e così della relativa graduatoria: ciò sussiste solo in caso di collocamento in una posizione utile per l’assunzione; il soggetto collocato come idoneo ha una semplice aspettativa di fatto non tutelabile e, paradossalmente, potrebbe avere un interesse, sempre di fatto, alla rinnovazione dell’intera procedura, da cui potrebbe scaturire un esito per lui più vantaggioso.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 695 del 5 agosto 2024


Il TAR Brescia, in tema esclusione dalle graduatorie provinciali di supplenza, ha dichiarato il ricorso inammissibile per difetto di giurisdizione. A tale proposito il TAR Brescia osserva che nel caso di specie non si era in presenza di una vera procedura concorsuale, trovando così applicazione il principio affermato dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (12/07/2011, n. 11), secondo cui, “Premesso che la giurisdizione amministrativa di legittimità sulle controversie inerenti a procedure concorsuali per il reclutamento di personale alle dipendenze della pubblica amministrazione è limitata alle sole procedure che iniziano con l'emanazione di un bando, sono contrassegnate dalla valutazione comparativa dei candidati e si concludono con la compilazione di una graduatoria, sussiste la giurisdizione ordinaria sulle controversie concernenti l'inserimento degli insegnanti, che siano in possesso di determinati requisiti anche in base ad una pregressa partecipazione a concorsi, in una graduatoria permanente preordinata al conferimento dei posti che si rendano via via disponibili”.


Il TAR Milano declina la propria giurisdizione con riferimento ad una controversia in materia di pubblico impiego e osserva che:
<<- in forza del combinato disposto degli artt. 5, comma 2, e 63 del d.lgs. n. 165/2001 (T.U. sul Pubblico Impiego), le uniche controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del medesimo T.U. (c.d. pubblico impiego privatizzato) che restano devolute alla giurisdizione amministrativa sono quelle concernenti “le procedure concorsuali” (art. 63, comma 4), ovvero quelle aventi ad oggetto comunque l’esercizio di poteri autoritativi pubblicistici preordinati all’adozione dei c.d. atti di macro-organizzazione, ossia quegli atti che “definiscono ... le linee fondamentali di organizzazione degli uffici; individuano gli uffici di maggiore rilevanza e i modi di conferimento della titolarità dei medesimi; determinano le dotazioni organiche complessive”(art. 2, co. 1, T.U. cit.);
- ai fini del riparto di giurisdizione nelle controversie in materia di pubblico impiego privatizzato occorre distinguere tra gli atti di macro-organizzazione (concernenti come detto le linee fondamentali di organizzazione degli uffici ed i modi di conferimento degli incarichi dirigenziali, nonché le modalità di copertura del fabbisogno di personale), assoggettati a principi e regole pubblicistiche e affidati alla giurisdizione del giudice amministrativo e gli atti di micro-organizzazione, con cui si dispone l’organizzazione dei singoli uffici e la gestione in concreto dei rapporti di lavoro, regolati, invece, dalla disciplina privatistica (cfr. ex multis, Cons. St., Sez. V, 28 novembre 2013, n. 5684; Sez. V, 16 gennaio 2012, n. 138; Sez. V, 20 dicembre 2011, n. 6705);
- per questi ultimi resta dunque ferma la giurisdizione del giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, in ragione del fatto che ogni determinazione organizzativa degli uffici e ogni misura inerente alla gestione dei rapporti di lavoro sono assunte dagli organi preposti “con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro” (cfr. art. 5, comma 2, T.U.), cui corrispondono i diritti soggettivi del lavoratore;
- con riferimento agli atti di macro organizzazione (ad esempio, l’atto di ridefinizione della pianta organica) la giurisdizione è attribuita al giudice amministrativo, nel caso in cui il provvedimento di macro organizzazione sia autonomamente lesivo della posizione giuridica fatta valere (cfr. Corte di Cass., SS.UU., 31 maggio 2016, n. 11387);
- l’individuazione della giurisdizione, pertanto, si definisce in base al petitum sostanziale, come specificato nei fatti materiali allegati dall’attore e in base alle particolari caratteristiche del rapporto dedotto in giudizio.
- compete al giudice ordinario il potere di verificare, in via incidentale, la legittimità degli atti generali di autoregolamentazione dell’ente pubblico, qualora il giudizio verta su pretese attinenti al rapporto di lavoro e riguardi, quindi, posizioni di diritto soggettivo del lavoratore, in relazione alle quali i suddetti provvedimenti di autoregolamentazione costituiscono solamente atti presupposti (Cass., SS. UU., 5 giugno 2006, n. 13169; id., 16 febbraio 2009, n. 3677).
- la giurisprudenza delle SSUU della Cassazione (ex multis SSUU n. 3052/2009 e SSUU n. 4881/2017) e del Consiglio di Stato (sentenza n. 508/2015), ha ricondotto alla giurisdizione del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 63 DLGS n. 165/2001, unicamente quelle controversie nelle quali la contestazione investa direttamente il corretto esercizio del potere amministrativo, sempre che l’atto in questione incida su posizioni giuridiche soggettive di diritto soggettivo (per le evenienze di giurisdizione esclusiva), ovvero di interesse legittimo.
- in altri termini la giurisdizione spetta al giudice amministrativo laddove venga dedotta e lamentata la violazione della situazione soggettiva per la non conformità a legge degli atti di macro organizzazione, ossia di quegli atti che definiscono le linee fondamentali degli uffici, ovvero per quei provvedimenti che determinano le modalità di conferimento della titolarità degli incarichi dirigenziali;
- pertanto, la contestazione della legittimità degli atti, espressione di poteri pubblicistici, previsti dal d.l.vo n. 165 del 2001 (art. 2, comma 1) deve, sempre, collegarsi direttamente ed immediatamente al pregiudizio di una posizione, in questo caso, di interesse legittimo.
- la giurisdizione si radica nel giudice amministrativo solo se la qualificata posizione soggettiva del ricorrente risulta pregiudicata direttamente dall’atto presupposto, e non è invece integralmente dipendente da vicende connesse alla gestione del rapporto di lavoro (cfr. Cass., Sez. Un., 8 novembre 2005, n. 21592; Sez. Un., 6 novembre 2006, n. 23605; Sez. Un., 1 dicembre 2009, n. 25254);
- si tratta, invero, di un’ipotesi residuale ed eccezionale in cui il pregiudizio lamentato dall’atto di indirizzo afferisce ad aspetti programmatici che coinvolgono le aspettative qualificate dei diretti interessati (cfr. ex multis T.A.R. Lazio, sez. III, 12/07/2021, n. 8225);
- la giurisprudenza è ferma nel ritenere che gli atti di macro organizzazione non sono destinati ad incidere, se non in via mediata, sulle posizioni soggettive dei consociati, in quanto destinatari dell’azione amministrativa: a livello macro organizzativo, l’amministrazione non entra in relazione diretta con i titolari di situazioni giuridiche soggettive, ma crea soltanto presupposti alla instaurazione di rapporti giuridicamente rilevanti con tali soggetti. Ne risulta corrispondentemente attutito (se pur non eliso, non trattandosi propriamente di autonomia) il profilo garantistico del momento giustificativo, che legittima - come tale - un sindacato limitato al travisamento del fatto o al manifesto eccesso di potere (cfr. Cons. St., sez. V, n. 5143/2018). >>.


Il TAR Milano a fronte di un ricorso con il quale vengono impugnati i provvedimenti con i quali sono state approvate le graduatorie provinciali delle supplenze, unitamente alle graduatorie stesse, nella parte in cui hanno attribuito al ricorrente un punteggio inferiore a quello ritenuto spettante, evidenziando altresì delle violazioni procedimentali, declina la propria giurisdizione e precisa che:
«Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, la giurisdizione del giudice amministrativo sulle controversie in materia di concorsi pubblici finalizzati all'assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, ex art. 63, comma 4, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, è limitata alle vere e proprie procedure concorsuali che iniziano con l'emanazione di un bando e sono caratterizzate dalla valutazione comparativa dei candidati e dalla compilazione di una graduatoria finale di individuazione dei vincitori che andranno a ricoprire i posti messi a concorso. Partendo da questa premessa, la stessa giurisprudenza esclude che la suddetta norma trovi applicazione nelle fattispecie che si caratterizzano per la formazione di apposite graduatorie in cui vengono inseriti tutti coloro che siano in possesso di determinati requisiti (anche derivanti dalla partecipazione a concorsi) e che sono preordinate al conferimento dei posti di lavoro che si renderanno via via disponibili nel tempo. In quest’ultima categoria rientrano proprio le procedure di formazione e gestione delle graduatorie permanenti del personale docente e delle relative graduatorie provinciali per le supplenze i cui atti, non essendo ascrivibili ad altre categorie di attività autoritativa, si ritiene non possano che restare compresi tra le determinazioni assunte con la capacità ed i poteri del datore del lavoro privato ai sensi dell’art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001, di fronte ai quali sono configurabili soltanto diritti soggettivi, con conseguente sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario ( cfr. T.A.R. Lombardia Milano, sez. III, 9 dicembre 2020, n. 2405, 2408 e n. 2413; Consiglio di Stato, ad. plen. 12 luglio 2011, n. 11; T.A.R. Piemonte, sez. II, 5 agosto 2016, n.1110; T.A.R. Sicilia Catania, 21 novembre 2014, n. 3057; T.A.R. Emilia Romagna Bologna, sez. I, 4 giugno 2014, n. 575, T.A.R. Puglia Lecce, sez. II, 6 marzo 2013, n. 474; T.A.R. Lombardia Milano, sez. I, 27 marzo 2006, n. 719)».

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 2511 del 16 dicembre 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


 

La Corte UE, con riferimento alla normativa italiana sul divieto alle amministrazioni pubbliche di assegnare incarichi di studio e consulenza a persone collocate in quiescenza, ha statuito che: 
La direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, e in particolare l’articolo 2, paragrafo 2, l’articolo 3, paragrafo 1, e l’articolo 6, paragrafo 1, della stessa, dev’essere interpretata nel senso che essa non osta a una normativa nazionale che vieta alle amministrazioni pubbliche di assegnare incarichi di studio e consulenza a persone collocate in quiescenza purché, da un lato, detta normativa persegua uno scopo legittimo di politica dell’occupazione e del mercato del lavoro e, dall’altro, i mezzi impiegati per conseguire tale obiettivo siano idonei e necessari. Spetta al giudice del rinvio verificare se ciò avvenga effettivamente nella fattispecie di cui al procedimento principale”.

Corte di Giustizia UE, Sez. VIII, del 2 aprile 2020 (causa C-670/18).
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Corte di Giustizia.


Il TAR Milano chiarisce che l’espletamento a porte chiuse della prova si pone in aperto in contrasto con la regola generale, immanente a qualunque procedura concorsuale, della pubblicità della prova orale e, quindi, con i principi di trasparenza e imparzialità, di cui all’art. 97 Cost.; aggiunge il TAR che affinché un'aula o sala sia aperta al pubblico, occorre che durante le prove orali del concorso sia assicurato il libero ingresso al locale ove esse si tengono a chiunque voglia assistervi e, quindi, anche ai candidati che abbiano già sostenuto il colloquio o che non vi siano stati ancora sottoposti, atteso che ogni candidato è titolare di un interesse qualificato a presenziare alle prove degli altri, onde verificare di persona il corretto operare della Commissione esaminatrice.

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 2272 del 29 ottobre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Secondo il TAR Milano, appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario le controversie aventi ad oggetto la mobilità relativa al trasferimento del dipendente pubblico tra enti del medesimo comparto o tra enti di comparti diversi, configurandosi la stessa come cessione del contratto di lavoro che si verifica nel corso di un rapporto già instaurato, tale da non determinare la costituzione di un nuovo rapporto di pubblico impiego o una nuova assunzione, ma comportando solo la modificazione soggettiva del rapporto di lavoro già in atto.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Terza, n. 1943 del 3 agosto 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano precisa che in materia di ricorso collettivo per conseguire il pagamento di differenze retributive da parte di personale in regime di rapporto di lavoro non privatizzato è inammissibile il ricorso collettivo che nulla dica in ordine alle condizioni legittimanti e all'interesse di ciascuno dei ricorrenti, in quanto tale situazione impedisce sia all'amministrazione emanante sia al giudice di controllare il concreto e personale interesse degli stessi e l'omogeneità e non confliggenza dell'interesse dei singoli; inoltre è (parimenti) inammissibile il ricorso collettivo che non contenga la specifica indicazione, almeno nei tratti essenziali, dei fatti che connotano la posizione di ciascuno dei soggetti che ricorrono collettivamente, in tal modo precludendo al giudice amministrativo di entrare nel merito della pretesa e quindi anche di esperire l'eventuale attività istruttoria necessaria per valutare la fondatezza della domanda.
Aggiunge il TAR Milano che anche la precisazione delle spettanze asseritamente dovute rappresenta una condizione di ammissibilità dell’azione, in quanto, stante l'unicità del giudizio amministrativo, il giudice non può limitarsi a pronunciare soltanto la condanna al pagamento delle somme dovute in via generica, rimettendo ad altro giudizio la quantificazione del dovuto, ma è tenuto a condannare la pubblica amministrazione al pagamento del quantum spettante a ciascun interessato che abbia proposto ricorso.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Terza, n. 1540 del 20 giugno 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha formulato il seguente principio di diritto limitatamente alla questione relativa al cumulo tra risarcimento e indennità dovute da enti pubblici: “la presenza di un’unica condotta responsabile, che fa sorgere due obbligazioni da atto illecito in capo al medesimo soggetto derivanti da titoli diversi aventi la medesima finalità compensativa del pregiudizio subito dallo stesso bene giuridico protetto, determina la costituzione di un rapporto obbligatorio sostanzialmente unitario che giustifica, in applicazione della regola della causalità giuridica e in coerenza con la funzione compensativa e non punitiva della responsabilità, il divieto del cumulo con conseguente necessità di detrarre dalla somma dovuta a titolo di risarcimento del danno contrattuale quella corrisposta a titolo indennitario”; la questione posta all’esame dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato attiene alla valenza del principio della c.d. compensatio lucri cum damno nella fase di determinazione del danno cagionato dal datore di lavoro pubblico ad un proprio dipendente.


La sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 1 del 23 febbraio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa.