Per stabilire la natura conformativa o espropriativa di un vincolo, occorre verificare se la sua imposizione ammetta, comunque, la realizzazione dell'opera da parte del privato e se, in presenza di tale possibilità, quest'ultimo possa porre l'opera medesima sul mercato e sfruttarla economicamente: solo in tal caso, infatti, si può affermare che non vi sia uno svuotamento del diritto di proprietà. In particolare, la destinazione di terreno privato a parcheggio pubblico - impressa in base a previsioni di tipo urbanistico - non comportando automaticamente l'ablazione dei suoli, ed anzi, ammettendo la realizzazione anche da parte dei privati, in regime di economia di mercato, delle relative attrezzature destinate all'uso pubblico, costituisce vincolo conformativo, e non anche espropriativo, della proprietà privata.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1443 del 28 aprile 2025


L’approvazione di un piano ciclabile comporta l’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio o, quantomeno, all’asservimento delle aree private. A nulla rileva la circostanza che l’art. 6, commi 3 e 4, della legge n. 2/2018 (recante disposizioni per lo sviluppo della mobilità in bicicletta) preveda che gli strumenti di pianificazione di cui al comma 1 costituiscono atti di indirizzo per la programmazione pluriennale delle opere di competenza dei rispettivi enti e che gli enti interessati assicurano la coerenza degli atti di pianificazione territoriale e urbanistica con gli strumenti di pianificazione di cui al comma 1. Invero, tale normativa speciale esclude la possibilità che quello strumento di pianificazione operi in deroga o in variante allo strumento urbanistico generale, ma non esclude affatto che da esso si produca l’effetto del vincolo preordinato all’esproprio, quale previsto dall’art. 9 D.P.R. n. 327/2001.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 694 del 28 febbraio 2025


In presenza di una richiesta risarcitoria fondata su sentenze che hanno dichiarato illegittima l’imposizione del vincolo espropriativo per vizi di natura “formale”, ovvero per violazione delle regole del procedimento pianificatorio e non hanno invece riconosciuto la spettanza del bene della vita alla parte istante, la stessa non può essere accolta perché, mentre la caducazione dell’atto per vizi sostanziali vincola l’amministrazione ad attenersi, nella successiva attività, alle statuizioni del giudice, l’annullamento fondato su profili formali non elimina né riduce il potere della stessa di provvedere in ordine allo stesso oggetto dell’atto annullato e lascia ampio potere in merito all’amministrazione, con il solo limite negativo di riesercizio nelle stesse caratterizzazioni di cui si è accertata l’illegittimità, sicché non può ritenersi condizionata o determinata in positivo la decisione finale.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 3762 del 23 dicembre 2024


Il TAR Milano ribadisce che va attribuita natura non espropriativa, ma conformativa del diritto di proprietà sui suoli, a tutti i vincoli che non solo non sono esplicitamente preordinati all'esproprio in vista della realizzazione di un'opera pubblica, ma nemmeno si risolvano in una sostanziale ablazione dei suoli medesimi, consentendo al contrario la realizzazione di interventi da parte dei privati; ciò posto, il TAR ritiene che la previsione di una pista ciclabile, in relazione alla quale il Piano di servizi non prevede in alcun modo una riserva di intervento pubblico ai fini della sua realizzazione e che, conseguentemente, ben potrebbe essere eseguita dal privato proprietario del comparto, determina la necessaria esclusione del vincolo espropriativo.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1799 del 13 giugno 2024


Il TAR Milano osserva che, in presenza di un meccanismo perequativo, le previsioni che impongono la realizzazione di servizi pubblici non configurano vincoli espropriativi, bensì conformativi della proprietà, finalizzati al pubblico interesse.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2620 del 13 novembre 2023


Il TAR Milano precisa che la natura espropriativa del vincolo viene meno nel caso di realizzazione dell’opera da parte del privato solo se l’opera realizzabile, sia pure con le limitazioni dovute alla conformazione, può comunque essere posta sul mercato scontando il meccanismo usuale della domanda e offerta per la determinazione del prezzo. Solo in questo caso il privato, potendo sfruttare economicamente l’opera, può ottenere un vantaggio economico che esclude l’indennizzabilità del vincolo e quindi ottiene un vantaggio dall’esercizio dello jus aedificandi nella forma di un immobile a servizio del pubblico. Tale condizione invece non sussiste nel caso in cui l’opera soddisfi solo interessi pubblici e non sia idonea ad un vantaggio privato, come un attraversamento pedonale ad uso pubblico, in quanto si tratta di opera “c.d. fredda” cioè non idonea a remunerare l’esercizio dello jus aedificandi.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2462 del 25 ottobre 2023


Il TAR Milano ricorda che, in base a un consolidato orientamento giurisprudenziale, che la sola classificazione di una determinata area nell’ambito della programmata zonizzazione non determina un vincolo espropriativo ma soltanto la conformazione di quella zona alle esigenze generali di cui all’art. 42 Cost. (cfr. Consiglio di Stato, IV, 19 settembre 2019, n. 2641); i vincoli espropriativi, che sono soggetti alla scadenza quinquennale, concernono difatti beni determinati, in funzione della localizzazione puntuale di un’opera pubblica, la cui realizzazione non può quindi coesistere con la proprietà privata (C.G.A.R.S., 9 marzo 2022, n. 298); questi si presentano «come vincoli particolari, incidenti su beni determinati, in funzione non già di una generale destinazione di zona, ma della localizzazione puntuale (con indicazione empiricamente, per ciò, detta ‘lenticolare’) di un’opera pubblica, ‘la cui realizzazione non può coesistere con la proprietà privata ma ne esige la traslazione in favore dell’ente pubblico’» (Consiglio di Stato, II, 24 novembre 2020, n. 7354; anche, VI, 28 dicembre 2020, n. 8384; IV, 18 febbraio 2020, n. 1236).

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1698 del 3 luglio 2023.


Il TAR Brescia,
  • preso atto che la classificazione a sede stradale dell’area del ricorrente costituisce un vincolo preordinato all’esproprio;
  • ricordato che, ai sensi dell’articolo 9, commi 2 e 3, D.P.R. n. 327/2001, il vincolo preordinato all’esproprio ha durata quinquennale e decade se entro tale termine non è emanato il provvedimento che comporta la dichiarazione di dell’opera;
  • constatata la mancata tempestiva adozione della dichiarazione di pubblica utilità e dunque l’intervenuta decadenza del vincolo;
afferma che l’intervenuta decadenza della previsione urbanistica impugnata comporta la sopravvenuta carenza di interesse alla decisione del ricorso, posto che dall’annullamento in parte qua dell’atto impugnato il ricorrente non trarrebbe alcuna ulteriore utilità.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 798 del 13 settembre 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri






In ordine alla natura dei vincoli imposti dallo strumento urbanistico, il TAR Milano ribadisce che <<Va attribuita ... natura non espropriativa, ma conformativa del diritto di proprietà sui suoli, a tutti quei vincoli che non solo non siano esplicitamente preordinati all'esproprio in vista della realizzazione di un'opera pubblica, ma nemmeno si risolvano in una sostanziale ablazione dei suoli medesimi, consentendo al contrario la realizzazione di interventi da parte dei privati; ciò in linea con quanto statuito dalla Corte Costituzionale (sent n. 179 del 20 maggio 1999), che ha sancito appunto il principio per cui non sono annoverabili tra i vincoli espropriativi quelli derivanti da scelte urbanistiche realizzabili anche attraverso l'iniziativa privata o promiscua pubblico-privata (v. TAR Lombardia, Milano, Sez. II, 11/12/2020 n. 2473)>>.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 618 del 9 marzo 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.









La Corte Costituzionale dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 9, comma 12, della legge reg. Lombardia n. 12 del 2005, secondo periodo, limitatamente alla parte in cui prevede che i vincoli preordinati all’espropriazione per la realizzazione, esclusivamente ad opera della pubblica amministrazione, di attrezzature e servizi previsti dal piano dei servizi decadono qualora, entro cinque anni decorrenti dall’entrata in vigore del piano stesso, l’intervento cui sono preordinati non sia inserito, a cura dell’ente competente alla sua realizzazione, nel programma triennale delle opere pubbliche e relativo aggiornamento.
Osserva al riguardo la Corte che:
<<le questioni di legittimità costituzionale sollevate sull’art. 9, comma 12, della legge reg. n. 12 del 2005 sono fondate, poiché tale disposizione viola gli artt. 42, terzo comma, e 117, terzo comma, Cost.
Non può che ribadirsi, nel solco della sentenza n. 179 del 1999, che la proroga in via legislativa dei vincoli espropriativi è fenomeno inammissibile dal punto di vista costituzionale, qualora essa si presenti «sine die o all’infinito (attraverso la reiterazione di proroghe a tempo determinato che si ripetano aggiungendosi le une alle altre), o quando il limite temporale sia indeterminato, cioè non sia certo, preciso e sicuro e, quindi, anche non contenuto in termini di ragionevolezza».
Questo è proprio il vizio che presenta, in primo luogo, la disposizione censurata.
Come correttamente evidenziato dal giudice rimettente, infatti, l’art. 9, comma 12, secondo periodo, della legge reg. Lombardia n. 12 del 2005, consente la protrazione dell’efficacia del vincolo preordinato all’esproprio ben oltre la naturale scadenza quinquennale e, in virtù dell’inclusione dell’aggiornamento annuale del programma triennale delle opere pubbliche nell’ambito applicativo della norma, per un tempo sostanzialmente indefinito, senza che sia previsto il riconoscimento al privato interessato di alcun indennizzo.
Questo effetto si pone in frontale contrasto con la giurisprudenza costituzionale illustrata in precedenza, dando seguito alla quale il legislatore statale ha individuato un ragionevole punto di equilibrio tra la reiterabilità indefinita dei vincoli e la necessità di indennizzare il proprietario.
Gli artt. 42, terzo comma, e 117, terzo comma, Cost. sono, infatti, violati in tutti i casi in cui – come avviene nella specie – alla protrazione automatica di vincoli di natura espropriativa, disposta da una legge regionale oltre il punto di tollerabilità individuato dal legislatore statale, non corrisponda l’obbligo di riconoscere un indennizzo.
A ciò si aggiunga che, nel consentire la proroga senza indennizzo del vincolo preordinato all’esproprio oltre il quinquennio originario, il legislatore regionale ha omesso di imporre un preciso onere motivazionale circa l’interesse pubblico al mantenimento del vincolo per un periodo che oltrepassa quello cosiddetto di franchigia: ciò che invece è richiesto dalla legge statale (art. 9, comma 4, t.u. espropriazioni) per le ipotesi di reiterazione del vincolo.
Ancora, e si tratta di un profilo che non risulta certo ultimo per importanza, la disposizione censurata appare del tutto carente quanto al livello di garanzia partecipativa da riconoscersi al privato interessato.
Proprio in materia espropriativa, questa Corte ha da tempo affermato che i privati interessati, prima che l’autorità pubblica adotti provvedimenti limitativi dei loro diritti, devono essere messi «in condizioni di esporre le proprie ragioni, sia a tutela del proprio interesse, sia a titolo di collaborazione nell’interesse pubblico» (da ultimo, sentenza n. 71 del 2015).
La garanzia in parola è, invece, frustrata da un atto – l’approvazione del programma triennale delle opere pubbliche – in relazione al cui contenuto il codice dei contratti pubblici prevede forme di partecipazione di qualità e grado insufficienti, e comunque non corrispondenti a quelle stabilite dal t.u. espropriazioni (in particolare nell’art. 11) per gli atti appositivi e per quelli reiterativi del vincolo espropriativo.
Infatti, la partecipazione al procedimento che sfocia nel programma in questione è prevista esclusivamente dalla fonte regolamentare (d.m. n. 14 del 2018), non già dall’art. 21 cod. contratti pubblici e nemmeno dalla legge regionale. Inoltre, e soprattutto, l’art. 5, comma 5, del d.m. prima ricordato si limita a prevedere che le «amministrazioni possono consentire la presentazione di eventuali osservazioni» da parte dei privati interessati, così degradando la partecipazione a mera eventualità>>.

Corte Costituzionale n. 270 del 18 dicembre 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Corte Costituzionale.


Il TAR Milano ribadisce che «va attribuita natura non espropriativa, ma conformativa del diritto di proprietà sui suoli, a tutti i vincoli, che non solo non sono esplicitamente preordinati all'esproprio in vista della realizzazione di un'opera pubblica, ma nemmeno si risolvano in una sostanziale ablazione dei suoli medesimi, consentendo al contrario la realizzazione di interventi da parte dei privati, e ciò in linea con quanto statuito dalla Corte costituzionale, per la quale non sono annoverabili tra i vincoli espropriativi quelli derivanti da scelte urbanistiche realizzabili anche a mezzo dell'iniziativa privata; in sostanza sono conformativi - e al di fuori dello schema ablatorio-espropriativo non comportano indennizzo, non decadono al quinquennio e quindi non sussiste un dovere di ritipizzazione - i vincoli che importano una destinazione, anche di contenuto specifico, realizzabile ad iniziativa privata o promiscua pubblico-privata, che non comportino necessariamente espropriazione o interventi ad esclusiva iniziativa pubblica e, quindi, siano attuabili anche dal soggetto privato e senza necessità di ablazione del bene».

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2473 del 11 dicembre 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Brescia precisa che la circostanza che «il vincolo preordinato all’esproprio sia decaduto ex lege non comporta la decadenza anche delle fasce di rispetto stradali connesse alla realizzazione dell’opera; e ciò in quanto, secondo consolidati principi giurisprudenziali, le fasce di rispetto stradali hanno natura di vincoli di carattere conformativo, e non espropriativo (T.A.R. Catania, sez. I , 22/10/2015, n. 2458; T.A.R. , Salerno, sez. II, 13/06/2013, n. 1276; T.A.R. Palermo, sez. III, 24/05/2013, n. 1167; T.A.R. Lecce, sez. I, 24/09/2009, n. 2156; T.A.R. Firenze, sez. III , 20/12/2012, n. 2110), e come tali non sono soggetti a decadenza ex lege per effetto del decorso del termine quinquennale di cui all’art. 9 d.p.r. 327/2001, ma conservano la propria efficacia a tempo indeterminato, fino all’intervento di una nuova pianificazione urbanistica (Cons. Stato, Sez. IV, 18 maggio 2018, n. 3002; Consiglio di Stato, sez. IV, 12/04/2017, n. 1700; T.A.R. Napoli, sez. II, 27/12/2019, n. 6149; T.A.R. Torino, sez. II, 29/08/2014, n. 1457; T.A.R. Milano , sez. II , 30/11/2007, n. 6532)».

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 657 del 24 settembre 2020.

La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.




Il TAR Milano precisa che la previsione di un’esclusiva iniziativa comunale nell’attuazione delle misure per realizzare i servizi pubblici (parcheggi), conferendo natura espropriativa e non conformativa al vincolo, rende necessaria una specifica motivazione in ordine alla reiterazione del predetto vincolo, oltre alla previsione di una forma di indennizzo a ristoro del sacrificio imposto alla proprietà privata.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 1896 del 20 agosto 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri, al seguente indirizzo.


Il Consiglio di Stato chiarisce che la distinzione tra vincoli conformativi ed espropriativi non discende dalla collocazione del vincolo in una specifica categoria di strumenti urbanistici, ma va operata in relazione agli effetti dell'atto di pianificazione; se quest’ultimo mira ad una zonizzazione dell'intero territorio comunale o di parte di esso, sì da incidere su di una generalità di beni, nei confronti di una pluralità indifferenziata di soggetti, in funzione della destinazione dell'intera area in cui i beni ricadono e in ragione delle sue caratteristiche intrinseche, il vincolo ha carattere conformativo, mentre, ove imponga solo un vincolo particolare incidente su beni determinati, in funzione della localizzazione di un'opera pubblica, lo stesso va qualificato come preordinato alla relativa espropriazione.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Quarta, n. 3190 del 17 maggio 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.



Il TAR Milano ribadisce che per la reiterazione del vincolo è necessaria una motivazione congrua che valuti l’interesse dell’amministrazione alla continuazione del vincolo unitamente a quello del privato al pieno godimento del proprio bene, alla luce anche del tempo trascorso dalla prima imposizione e quindi della durata complessiva del vincolo.
Il TAR Milano ritiene quindi illegittima una previsione di vincolo – alla quale non ha fatto peraltro seguito alcun provvedimento attuativo o esecutivo – reiterata dal Comune con un generico richiamo alla necessità di realizzare l’opera pubblica, in mancanza dell’esplicitazione delle specifiche ragioni della scelta dell’amministrazione.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 2539 del 9 novembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Secondo il TAR Milano, l’intervenuta scadenza del vincolo espropriativo, per la decorrenza del termine massimo di durata di cui all’art. 9, comma 2, del DPR n. 327/2001, determina l’improcedibilità del ricorso avverso la previsione dello strumento urbanistico che ha imposto il vincolo.
Quanto al profilo delle spese, le stesse, secondo il TAR, devono porsi a carico del Comune resistente, secondo la regola della c.d. soccombenza virtuale, atteso che nel caso di specie il vincolo era già previsto dal PRG ed è stato confermato dal PGT impugnato, senza che l’amministrazione avesse sostanzialmente addotto alcuna concreta ed effettiva motivazione sulla reiterazione: a fronte dell’articolata osservazione al PGT presentata dall’esponente, che chiedeva la soppressione del vincolo, il Comune si era limitato ad una laconica decisione di “non accoglimento” dell’osservazione stessa.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 1339 del 25 maggio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Con sentenza n. 4976 depositata il 6 ottobre 2014 la sezione quarta del Consiglio di Stato conferma l'orientamento circa la non indenizzabilità del vincolo a verde privato.

Richiamati i principi espressi dalla Corte Costituzionale con la sentenza 20 maggio 1999 n. 179, i giudici di Palazzo Spada hanno ribadito che

la classificazione a verde privato deve farsi rientrare tra quelle prescrizioni che regolano la proprietà privata alla realizzazione di obiettivi generali di pianificazione del territorio ai quali non può attribuirsi una natura ablatoria e/o sostanzialmente espropriativa (Cons. Stato Sez. IV 13 luglio 2011 n.4242; idem Sez. IV 19/1/2012 n. 244). 
Non può dunque attribuirsi alla destinazione di verde privato (re) impressa da una amministrazione locale a un'area la natura di vincolo a contenuto sostanzialmente espropriativo con la conseguenza che
in mancanza di una limitazione alla proprietà privata intesa sia come disponibilità che utilizzazione del bene, è impossibile far derivare dalla anzidetta destinazione urbanistica un effetto risarcitorio e neppure, in via subordinata, l’insorgenza di un diritto alla indennizzabilità, situazioni giuridiche soggettive di ristoro economico configurabili unicamente in presenza di un vincolo ablatorio o limitativo dei diritti dominicali.
La sentenza n. 4976/2014 della sezione IV del C.S. è disponibile sul sito della Giustizia amministrativa a questo indirizzo.