Il TAR Milano osserva che l’onere di provare l’esistenza del manufatto abusivo alla data ultima per beneficiare del condono incombe sull’interessato, poiché egli solo può fornire atti, documenti ed elementi probatori inconfutabili che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell’epoca dell’abuso. Al riguardo non è sufficiente la sola dichiarazione sostitutiva dell’atto notorio, la quale dev’essere supportata da ulteriori riscontri documentali, eventualmente indiziari, purché altamente probanti. In altri termini, l’onere di dare piena prova del completamento delle opere entro la data utile ai fini del condono grava per intero sulla parte privata: tale onere non può, in particolare, considerarsi soddisfatto attraverso l’allegazione, a sostegno delle proprie affermazioni, di documenti privi di adeguata portata dimostrativa, né tantomeno una simile produzione documentale potrebbe trasferire il suddetto onere in capo all’Amministrazione, gravandola della prova contraria. Nelle controversie in materia edilizia, i principi di prova oggettivi concernenti la collocazione dei manufatti tanto nello spazio, quanto nel tempo, si rinvengono nei ruderi, fondamenta, aerofotogrammetrie, mappe catastali, mentre la prova per testimoni è del tutto residuale.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 698 del 11 marzo 2024





Il TAR Brescia, in un contenzioso avente ad oggetto un diniego di sanatoria, nel disporre, per potere decidere nel merito, un’istruttoria a carico del responsabile del servizio tecnico del Comune (nello specifico, un sopralluogo), ha avvisato che, da eventuali atteggiamenti ostruzionistici o non collaborativi della proprietà, si potranno trarre argomenti di prova a favore del Comune ai sensi dell’art. 64 comma 4 c.p.a.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, ordinanza n. 614 del 20 luglio 2023


Secondo il TAR Brescia, una controversia avente ad oggetto il lamentato inadempimento da parte dei soggetti attuatori di obbligazioni assunte con la sottoscrizione di una convenzione urbanistica accessoria a un piano attuativo, è da ascrivere alla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo; il che vale anche nel caso in cui sia esercitata un’azione ex art. 2932 c.c. Questo comporta che quando nelle materie devolute alla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo si controverta di posizioni di diritto soggettivo, l’onere della prova, come da regola generale, grava su chi agisce per ottenerne tutela. Laddove, infatti, il rapporto tra le parti non è asimmetrico come nella giurisdizione generale di legittimità, ma paritario, il principio dispositivo (o della piena prova) si riespande a scapito del sistema dispositivo con metodo acquisitivo (o del principio di prova) proprio dei giudizi aventi a oggetto interessi legittimi; in particolare, alle convenzioni urbanistiche si applicano, ex art. 11 L. n. 241/1990, le regole dettate dal codice civile in tema di obbligazioni e contratti.




Il TAR Milano, in materia di onere probatorio, osserva che:
<<nel giudizio risarcitorio o reintegratorio, in senso lato, che si svolge davanti al giudice amministrativo, nel rispetto del principio generale sancito dal combinato disposto degli artt. 2697 cod. civ. e 63, comma 1, e 64, comma 1, cod. proc. amm., non può avere ingresso il c.d. metodo acquisitivo tipico del processo impugnatorio; pertanto, spetta a colui che chiede la reintegrazione della propria posizione giuridica lesa fornire la prova dei fatti costitutivi della domanda. A fronte di pretese di natura patrimoniale non è possibile invocare il c.d. principio acquisitivo in quanto in tal modo viene surrogato l’onere di allegazione dei fatti, né può darsi ingresso alla valutazione equitativa del danno a norma dell’art. 1226 cod. civ., perché tale norma presuppone l’impossibilità di provare l’ammontare preciso del pregiudizio subito, né può essere invocata una consulenza tecnica d’ufficio, diretta a supplire al mancato assolvimento dell’onere probatorio da parte del privato (cfr. Consiglio di Stato, II, 1° settembre 2021, n. 6169; 25 maggio 2020, n. 3269; T.A.R. Lombardia, Milano, II, 5 marzo 2020, n. 440). Difatti, la consulenza tecnica d’ufficio (o la verificazione) verrebbe inammissibilmente impiegata per l’accertamento di fatti che la parte ricorrente avrebbe dovuto dimostrare in giudizio, rientrando tale incombenza nella piena ed esclusiva disponibilità della stessa (cfr. Consiglio di Stato, VI, 2 aprile 2021, n. 2734)>>.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2000 del 15 settembre 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri



Precisa il TAR Milano che: «in ambito urbanistico ed edilizio, incombe sulla parte che adduce un rilievo a sé favorevole l’onere di fornire adeguata dimostrazione del proprio assunto, con la conseguenza che laddove ciò non avvenga il fatto non si può ritenere provato (T.A.R. Lombardia, Milano, II, 11 giugno 2019, n. 1320). In particolare, con riguardo all’effettiva epoca di realizzazione del manufatto (secondo le parti ricorrenti in data antecedente all’anno 1967), non assumono rilievo decisivo la tecnica costruttiva e il materiale utilizzato per realizzare l’intervento edilizio, trattandosi di elementi secondari e accidentali, peraltro non incontestabili (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, II, 18 settembre 2018, n. 2098); del resto, secondo una consolidata giurisprudenza, “ricade sul privato l’onere della prova rigorosa in ordine alla ultimazione (…) delle opere edilizie, dal momento che solo l’interessato può fornire inconfutabili atti, documenti ed elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell’epoca di realizzazione di un manufatto e, in difetto di tali prove, resta integro il potere dell’amministrazione (…) di irrogare la sanzione demolitoria” (Consiglio di Stato, IV, 3 febbraio 2017, n. 463; altresì, II, 18 marzo 2020, n. 1929; T.A.R. Lombardia, Milano, II, 27 febbraio 2018, n. 574)».

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 797 del 12 maggio 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.




Il Tar Milano precisa che la mancata costituzione in giudizio dell’Amministrazione resistente non può comportare che i fatti posti a fondamento del ricorso debbano ritenersi accertati e che l’interpretazione delle norme proposta da parte ricorrente sia vincolante per il giudice; infatti, l’art. 64, comma 2, c.p.a. stabilisce che “Salvi i casi previsti dalla legge, il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti nonché i fatti non specificatamente contestati dalle parti costituite”; ne consegue che solo la costituzione delle amministrazioni resistenti è il presupposto perché possa operare il principio di non contestazione, il cui perimetro è poi limitato ai fatti e non può estendersi alle norme.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 63 del 9 gennaio 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano aderisce all’orientamento secondo il quale nel giudizio risarcitorio che si svolge davanti al giudice amministrativo, nel rispetto del principio generale sancito dal combinato disposto degli artt. 2697 c.c. (secondo cui chi agisce in giudizio deve fornire la prova dei fatti costitutivi della domanda) e 63, co. 1 e 64, co. 1, c.p.a. (secondo cui l’onere della prova grava sulle parti che devono fornire i relativi elementi di fatto di cui hanno la piena disponibilità), non può avere ingresso il c.d. metodo acquisitivo tipico del processo impugnatorio; pertanto, il ricorrente che chiede il risarcimento del danno da cattivo (o omesso) esercizio della funzione pubblica, deve fornire la prova dei fatti base costitutivi della domanda; conseguentemente, in relazione ai danni da mancato tempestivo esercizio dell’attività amministrativa, spetta al ricorrente fornire in modo rigoroso la prova dell’esistenza del pregiudizio, specie perché ha natura patrimoniale, non potendosi invocare il c.d. principio acquisitivo in quanto surroga l’onere di allegazione dei fatti; e se anche può ammettersi il ricorso alle presunzioni semplici per fornire la prova dell’esistenza del danno e della sua entità, è comunque ineludibile l’obbligo di allegare circostanze di fatto precise e, quando il soggetto onerato di tale allegazione non vi adempie, non può darsi ingresso alla valutazione equitativa del danno a norma dell’art. 1226 c.c. perché tale norma presuppone l’impossibilità di provare l’ammontare preciso del pregiudizio subito, né può essere invocata una consulenza tecnica d’ufficio, diretta a supplire al mancato assolvimento dell’onere probatorio da parte del privato.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 1608 del 12 luglio 2017 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.