Il Consiglio di Stato enuncia i seguenti principî di diritto in materia di sindacato da parte del giudice sull’attività valutativa da parte della commissione giudicatrice:
a) la motivazione tautologica non è sindacabile dal giudice dell’appello, in quanto essa costituisce un atto d’imperio immotivato e, dunque, non è nemmeno integrabile da detto giudice, se non con il riferimento alle più varie, ipotetiche congetture circa la vera ratio decidendi della sentenza impugnata, che tuttavia non è dato rinvenire nel suo corpus motivazionale, sicché una sentenza “congetturale” che affida al giudice dell’appello il compito impossibile di “intuire” quale sia stato il suo iter logico è, per definizione, una non-decisione giurisdizionale o, se si preferisce, e all’estremo opposto, un atto di puro arbitrio e, quindi, un atto di abdicazione al proprio potere-dovere decisorio da parte del giudice;
b) una sentenza che, quindi, non eserciti alcun sindacato giurisdizionale sull’attività valutativa da parte della Commissione giudicatrice, affermando sic et simpliciter che il ricorso a tal fine proposto da un concorrente solleciterebbe un sindacato sostitutivo del giudice amministrativo, senza però in alcun modo supportare tale affermazione con una almeno sintetica disamina circa il contenuto delle censure tecniche, e trincerandosi apoditticamente dietro la natura non anomala o non manifestamente irragionevole della valutazione espressa dalla Commissione, reca una motivazione tautologica e, in quanto tale, meritevole di annullamento con rinvio al primo giudice, ai sensi dell’art. 105, comma 1, c.p.a., per nullità della stessa sentenza in difetto assoluto di motivazione.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Quinta, n. 6058 del 2 settembre 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano sulla tematica relativa ai limiti del sindacato giurisdizionale nel caso di esercizio della discrezionalità tecnica aderisce alla più recente giurisprudenza amministrativa secondo cui il controllo giurisdizionale, al di là dell'ormai sclerotizzata antinomia sindacato forte/sindacato debole, deve attestarsi sulla linea di un controllo che, senza ingerirsi nelle scelte discrezionali della Pubblica autorità, assicuri la legalità sostanziale del suo agire, per la sua intrinseca coerenza anche e soprattutto in materie connotate da un elevato tecnicismo, senza, cioè, poter far luogo a sostituzione di valutazioni in presenza di interessi la cui cura è dalla legge espressamente delegata ad un certo organo amministrativo, sicché ammettere che il giudice possa auto-attribuirseli rappresenterebbe quanto meno una violazione delle competenze, se non addirittura del principio di separazione tra i poteri dello Stato; secondo il TAR questo orientamento appare idoneo a declinare il principio di effettività della tutela giurisdizionale nello specifico settore delle valutazione tecniche, pur senza trasformare il controllo in un’indebita sovrapposizione del giudizio espresso dall’organo di verifica del corretto esercizio della legalità sostanziale a quello effettuato dal competente plesso amministrativo.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 408 del 25 febbraio 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.