Il TAR Milano ribadisce che i Comuni risultano privi di potestà in materia di spandimento dei fanghi biologici in agricoltura, fatto salvo il potere di sanzionare la violazione delle disposizioni regolamentari preventivamente stabilite dalla Regione, ove queste si sostanzino in violazioni della normativa in materia di igiene. Naturalmente ciò non impedisce all’Ente comunale di applicare un eventuale divieto derivante da una diversa fonte normativa abilitata (ad esempio, di rango europeo o statale, oppure introdotta da un Ente Parco), laddove ne ricorrano i presupposti.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 778 del 15 marzo 2024


Il TAR Milano osserva che siccome nessuna norma statale conferisce ai comuni potestà regolamentare in materia ambientale e, più in particolare, in materia di spandimento fanghi per uso agricolo, gli stessi comuni non possono emanare atti di normazione secondaria che abbiano ad oggetto tale materia.


La Corte costituzionale ritiene non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Presidente del Consiglio dei ministri nei confronti del comma 2 dell’art. 15 della legge reg. Lombardia n. 15 del 2021 e osserva:
<<La disposizione impugnata, estendendo all’utilizzo del correttivo «gesso di defecazione da fanghi» le regole di tracciabilità di cui agli artt. 9, comma 3, 13 e 15 del d.lgs. n. 99 del 1992, previste per l’utilizzazione dei fanghi in quanto rifiuti, non disciplina, infatti, una materia riconducibile a quella della tutela dell’ambiente, attribuita come tale alla potestà legislativa esclusiva statale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.
Trattandosi di regolamentare l’uso di un correttivo destinato, secondo quanto stabilito dal d.lgs. n. 75 del 2010, agli utilizzi in agricoltura allo scopo di modificare e migliorare le proprietà chimiche del suolo, si deve, infatti, ritenere che il legislatore regionale sia legittimamente intervenuto sul punto, nell’esercizio della propria competenza nella materia «agricoltura», di carattere residuale per le regioni a statuto ordinario (ex plurimis, sentenze n. 62 del 2013, n. 116 del 2006, n. 282 e n. 12 del 2004).
Sebbene la giurisprudenza di questa Corte sia costante nel ritenere che la disciplina della gestione dei rifiuti deve essere ricondotta alla «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema» (ex plurimis, sentenze n. 289 e n. 142 del 2019, n. 215, n. 151 e n. 150 del 2018) e che il potere di fissare livelli di tutela uniforme sull’intero territorio nazionale è riservato allo Stato, ferma restando la competenza delle regioni alla cura di interessi funzionalmente collegati con quelli propriamente ambientali (ex plurimis, sentenze n. 129 del 2019, n. 215, n. 151 e n. 150 del 2018, n. 85 del 2017), nel caso di specie il riferimento a una sostanza qualificata come rifiuto (i fanghi) è stato fatto dalla norma impugnata come mero rinvio materiale alle relative regole di tracciabilità, al solo scopo di prevederne l’applicazione anche per la sostanza correttiva «gesso di defecazione da fanghi». La disciplina dell’impiego di tale correttivo è, invece, come si è detto, riconducibile alla materia «agricoltura».>>.
Corte costituzionale n. 222 del 27 ottobre 2022


Il TAR Milano osserva che:
<<L’utilizzo in agricoltura dei fanghi derivati dal processo di depurazione delle acque reflue è disciplinato dal d.lgs. 27 gennaio 1992, n. 99, che ha dato attuazione alla direttiva 86/278/CE. L’art. 1 di tale decreto individua, quale primo scopo della normativa, quello di assicurare che l’attività di spandimento dei fanghi non provochi effetti nocivi sul suolo, sulla vegetazione, sugli animali e sull'uomo. Ulteriore intento dichiarato dal legislatore coincide con quello di incoraggiare l’attività di spandimento in quanto volta al recupero di un materiale che, in base all’art. 127, primo comma, del d.lgs. n. 152 del 2006, è classificato come rifiuto e che, quindi, dovrebbe essere altrimenti smaltito.
Per dare attuazione a tali finalità, il d.lgs. 99/1992 stabilisce i requisiti che i fanghi ed i terreni agricoli devono avere ai fini dello spandimento, e sottopone tale ultima attività ad autorizzazione regionale e a controllo provinciale, nonché a previa comunicazione al comune.
L’art. 6 comma 1 del d.lgs. n. 99 del 1992 prevede poi espressamente che spetta alle regioni il compito di stabilire «2) […] ulteriori limiti e condizioni di utilizzazione in agricoltura per i diversi tipi di fanghi in relazione alle caratteristiche dei suoli, ai tipi di colture praticate, alla composizione dei fanghi, alle modalità di trattamento; 3) […] le distanze di rispetto per l'applicazione dei fanghi dai centri abitati, dagli insediamenti sparsi, dalle strade, dai pozzi di captazione delle acque potabili, dai corsi d'acqua superficiali, tenendo conto delle caratteristiche dei terreni (permeabilità, pendenza) delle condizioni meteoclimatiche della zona, delle caratteristiche fisiche dei fanghi».
La norma assegna dunque alle regioni, e non alle province, la competenza ad individuare i limiti (distanziali, orari ecc.) allo spandimento dei fanghi. La ratio dell’attribuzione alle regioni, e non alle province, della competenza ad individuare i limiti applicabili all’attività di spandimento dei fanghi può essere individuata nella volontà del legislatore di far sì che la materia trovi una disciplina uniforme a livello regionale, onde evitare che la suddetta attività (come detto da incoraggiare in quanto volta al recupero di un rifiuto) venga ingiustificatamente ostacolata per interessi particolaristici.
Per quanto concerne le competenze provinciali, l’art. 7 del medesimo D. Lgs. 99/1992 stabilisce che le stesse consistono unicamente in poteri di controllo «sulle attività di raccolta, trasporto, stoccaggio e condizionamento dei fanghi, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915, nonché delle attività di utilizzazione dei fanghi, ai sensi del presente decreto».
Sulla base delle disposizioni appena illustrate la giurisprudenza, in termini ormai consolidati, afferma che, siccome nessuna norma statale conferisce agli enti locali sub regionali potestà regolamentare in materia ambientale e, più in particolare, in materia di spandimento fanghi per uso agricolo, gli stessi enti non possono emanare atti volti a disciplinare tale materia (TAR Lombardia, Milano, III, 24 aprile 2019, n. 925; cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 15 ottobre 2010, n. 7528; T.A.R. Lombardia Milano, sez. II, 4 aprile 2012, n. 1006; id. 25 maggio 2009, n. 3848; sez. III, 13 maggio 2021 n. 1179).>>
TAR Lombardia, Milano, Sez. IV n. 1893 del 8 agosto 2022.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



Il TAR Milano ribadisce che è sottratta ai Comuni ogni potestà regolamentare in materia di disciplina dell’attività di spandimento dei fanghi di depurazione in agricoltura, essendo la stessa attribuita dal legislatore statale alla competenza regionale, che non l'ha delegata agli enti locali.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 2537 del 28 novembre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.