La Corte Costituzionale afferma che nel regolare, in sede di disciplina del governo del territorio, l’edilizia di culto, le regioni possono perseguire esclusivamente finalità urbanistiche, nell’ambito delle quali deve essere ricondotta anche la necessaria specifica considerazione delle esigenze di allocazione delle attrezzature religiose; in ragione del peculiare rango costituzionale della libertà di culto, inoltre, la stessa disciplina urbanistico-edilizia deve far fronte, con riferimento alle attrezzature religiose, all’ulteriore esigenza della necessaria previsione di luoghi per il loro insediamento, con la conseguenza che essa non può comportare l’esclusione o l’eccessiva compressione della possibilità di realizzare strutture di questo tipo. In questo quadro, la previsione – ad opera della legislazione regionale in materia di governo del territorio – di uno speciale piano dedicato alle attrezzature religiose, riconducibile al modello della pianificazione urbanistica di settore, non è di per sé illegittima. Non lo è, tuttavia, alla duplice condizione che essa persegua lo scopo del corretto insediamento nel territorio comunale delle attrezzature religiose aventi impatto urbanistico, e che, in questo orizzonte, tenga adeguatamente conto della necessità di favorire l’apertura di luoghi di culto destinati alle diverse comunità religiose (corrispondendo così anche agli standard urbanistici, cioè alla dotazione minima di spazi pubblici). A tali condizioni, secondo la Corte, non risponde l’art. 72, comma 2, della legge reg. Lombardia n. 12 del 2005, che subordina l’installazione di qualsiasi attrezzatura religiosa all’esistenza del PAR (piano delle attrezzature religiose) e che per un verso non consente un equilibrato e armonico sviluppo del territorio e per altro verso finisce con l’ostacolare l’apertura di nuovi luoghi di culto.
Aggiunge la Corte che la contestualità di approvazione del PAR e del nuovo PGT (o di una sua variante generale), imposta dall’art. 72, comma 5, secondo periodo, fa sì che le istanze di insediamento di attrezzature religiose siano destinate a essere decise in tempi del tutto incerti e aleatori, in considerazione del fatto che il potere del comune di procedere alla formazione del PGT o di una sua variante generale, condizione necessaria per poter adottare il PAR (a sua volta condizione perché la struttura possa essere autorizzata), ha per sua natura carattere assolutamente discrezionale per quanto riguarda l’an e il quando dell’intervento. La norma censurata, ostacolando la programmazione delle attrezzature religiose da parte dei comuni (a loro volta condizionati nell’esercizio della loro autonomia amministrativa in materia urbanistica, su cui, da ultimo, sentenza n. 179 del 2019), determina una forte compressione della libertà religiosa (che può addirittura spingersi fino a negare la libertà di culto), senza che a ciò corrisponda alcun reale interesse di buon governo del territorio.
Ciò posto la Corte Costituzionale ha dichiarato:
- l’illegittimità costituzionale dell’art. 72, comma 2, della legge della Regione Lombardia 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio), come modificato dall’art. 1, comma 1, lettera c), della legge della Regione Lombardia 3 febbraio 2015, n. 2, recante «Modifiche alla legge regionale 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio) - Principi per la pianificazione delle attrezzature per servizi religiosi»; 
- l’illegittimità costituzionale dell’art. 72, comma 5, secondo periodo, della legge reg. Lombardia n. 12 del 2005, come modificato dall’art. 1, comma 1, lettera c), della legge reg. Lombardia n. 2 del 2015.

Corte Costituzionale n. 254 del 5 dicembre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Corte Costituzionale.



Il TAR Brescia precisa che il fatto che un comune non si sia ancora dotato del piano per le attrezzature religiose, o non abbia preso in considerazione le richieste formulate dagli enti esponenziali di comunità religiose presenti sul territorio, non autorizza i privati a procedere autonomamente all’individuazione di immobili adatti e alla trasformazione degli stessi in luoghi di culto; l’ostacolo costituito dalla zonizzazione non aggiornata è superabile solo contestando in via giudiziaria l’atteggiamento omissivo o dilatorio dell’amministrazione, eventualmente chiedendo la fissazione di un termine per l’esame dei progetti di modifica degli strumenti urbanistici.

La sentenza del TAR Lombardia, Brescia, Sezione Prima, n. 977 del 15 ottobre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.



Il TAR Milano ha rimesso alla Corte Costituzionale la questione di legittimità costituzionale relativa all’articolo 72, comma 5, della legge regionale della Lombardia 11 marzo 2005, n. 12, nel testo risultante dalle modifiche apportate dall’articolo 1, comma 1, lett. c), della legge regionale 3 febbraio 2015, n. 2, in materia di installazione di nuove attrezzature religiose, per contrasto con l’art. 2 Cost., con l’art. 3 Cost., con l’art. 5 Cost., con l’art. 19 Cost., con l’art. 114 Cost., con l’art. 117 comma 2 lett. m) Cost., con l’art. 117 comma 6 terzo periodo Cost. e con l’art. 118 Cost.

Si ricorda che in precedenza, con la sentenza della Sezione Seconda, n. 1939 del 3 agosto 2018 (qui pubblicata), il TAR Milano aveva rimesso alla Corte Costituzionale la questione di legittimità costituzionale relativa all’articolo 72, commi 1 e 2, della legge regionale della Lombardia 11 marzo 2005, n. 12, nel testo risultante dalle modifiche apportate dall’articolo 1, comma 1, lett. c), della legge regionale 3 febbraio 2015, n. 2, per contrasto con gli articoli 2, 3 e 19 della Costituzione.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 2227 dell'8 ottobre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Secondo il TAR Milano, l’utilizzo di un immobile destinato all’uso industriale, artigianale o direzionale come luogo di culto, e non solo come sede di attività associativa, palesa un utilizzo dei locali che, per la sua incidenza urbanistica ed edilizia, necessita del previo rilascio di un permesso di costruire; le attività industriali o artigianali e quelle culturali e di culto rappresentano categorie funzionali autonome, per cui per ciascuna si impone l'acquisizione del titolo edilizio abilitativo; il comportamento urbanisticamente rilevante è l’uso del bene come luogo di culto e di preghiera, destinazione che presuppone necessariamente il rilascio del permesso di costruire per espressa previsione dell’art. 52, comma 3 bis, L.R. 12/2005, ciò perché anche un mutamento di destinazione d'uso, anche se non comporta la realizzazione di opere edilizie, non può comunque escludere la valutazione sull’impatto urbanistico.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 2018 del 27 agosto 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano ha rimesso alla Corte costituzionale la questione di legittimità costituzionale relativa all’articolo 72, commi 1 e 2, della legge regionale della Lombardia 11 marzo 2005, n. 12, nel testo risultante dalle modifiche apportate dall’articolo 1, comma 1, lett. c), della legge regionale 3 febbraio 2015, n. 2, in materia di installazione di nuove attrezzature religiose, per contrasto con gli articoli 2, 3 e 19 della Costituzione.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 1939 del 3 agosto 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Secondo il TAR Milano:
- l’assegnazione provvisoria in uso di immobili di proprietà comunale (per finalità religiose) è un atto meramente interinale, a effetti instabili, che non consolida alcuna posizione in capo all’aggiudicatario, perché è destinata a essere superata dall’aggiudicazione definitiva, a sua volta espressiva di ulteriori valutazioni da parte dell’amministrazione;
- l’aggiudicazione provvisoria è un atto endoprocedimentale, interno alla procedura di individuazione dell’aggiudicatario, per sua natura inidoneo, al contrario dell'aggiudicazione definitiva, ad attribuire in modo stabile il bene della vita e ad ingenerare un legittimo affidamento sulla spettanza del bene stesso;
- la c.d. revoca dell’aggiudicazione provvisoria non è qualificabile come espressione del potere di autotutela dell’amministrazione, perché non integra un riesame di un atto produttivo di effetti stabili in capo al destinatario, incidendo piuttosto su un atto interno al procedimento, che non può dirsi ancora concluso;
- la c.d. revoca dell’aggiudicazione provvisoria è in realtà un atto di mero ritiro, per cui non può invocarsi, né quale parametro di legittimità, né a fini indennitari, l’art. 21 quinquies della legge n. 241/1990, dato che in tale ipotesi si è di fronte al mero ritiro di una determinazione destinata, per sua natura, a essere superata dall’emanazione dell’atto conclusivo del procedimento;
- il ritiro dell’aggiudicazione provvisoria non è riconducibile all’esercizio di poteri di autotutela in senso stretto, perché non interviene su un atto a effetti stabili e durevoli e non incide su posizioni definitive e consolidate; di conseguenza, tale ritiro non soggiace alla disciplina dell’art. 21 quinquies (revoca) e dell’art. 21 nonies della legge n. 241/1990 (autoannullamento), sicché è del tutto irrilevante la mancata esplicitazione delle ragioni di pubblico interesse sottese al ritiro stesso.

Aggiunge, poi, il TAR Milano che la subordinazione dell’installazione di attrezzature religiose a una specifica attività di pianificazione e programmazione, oltre a essere in sé legittima sul piano costituzionale, perché attiene alla disciplina di una materia rimessa alla legislazione regionale concorrente, non è di per sé idonea a introdurre discriminazioni tra le diverse confessioni religiose.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 1783 del 5 settembre 2017 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


La Corte Costituzionale, esaminando il ricorso presentato dal Presidente del Consiglio dei ministri avverso alcune disposizioni regionali lombarde che modificano la legge regionale per il governo del territorio n. 12 del 2005, intervenendo sui principi relativi alla pianificazione delle attrezzature per i servizi religiosi, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale:

  • dell’art. 70, commi 2-bis, limitatamente alle parole «che presentano i seguenti requisiti:» e alle lettere a) e b), e 2-quater, della legge della Regione Lombardia 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio), introdotti dall'art. 1, comma 1, lettera b), della legge della Regione Lombardia 3 febbraio 2015, n. 2, recante «Modifiche alla legge regionale 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio) – Principi per la pianificazione delle attrezzature per servizi religiosi»; 
  • dell’art. 72, commi 4 e 7, lettera e), della legge della Regione Lombardia n. 12 del 2005, introdotti dall'art. 1, comma 1, lettera c), della legge della Regione Lombardia n. 2 del 2015.

La sentenza della Corte Costituzionale n. 63 del 24 marzo 2016 è consultabile sul sito della Corte Costituzionale.