Il TAR Brescia precisa che quando i lottizzanti ritengano di aver subito una perdita economica non giustificata dalla convenzione urbanistica, e di avere in questo modo arricchito l’amministrazione oltre i limiti previsti originariamente, appare corretta la proposizione di un ricorso qualificato come azione di arricchimento ex art. 2041 c.c., in quanto la finalità perseguita dalla parte ricorrente è precisamente quella di cancellare gli squilibri economici verificatisi nel corso del rapporto, previo accertamento della reale volontà dei contraenti; il TAR aggiunge, tuttavia, che non costituisce arricchimento indebito qualsiasi scostamento rispetto alle previsioni economiche contenute nella convenzione urbanistica; vi sono due parametri da utilizzare in questo tipo di valutazioni: da un lato, occorre esaminare la volontà dei contraenti, per stabilire se la quantificazione dei costi costituisca un elemento essenziale ai fini del consenso, dall’altro, si deve esaminare la natura dei costi aggiuntivi, per stabilire il grado di connessione degli stessi con l’oggetto della convenzione urbanistica.

La sentenza del TAR Lombardia, Brescia, Sezione Prima, n. 999 del 19 ottobre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


La Corte di Cassazione, in tema di indebito arricchimento della P.A. in materia di appalti pubblici, precisa che:

  • il tema del riconoscimento dell'utilità da parte dell'arricchito non costituisce requisito dell'azione di indebito arricchimento, sicché il depauperato che agisce ex art. 2041 cod. civ. nei confronti della P.A. ha solo l'onere di provare il fatto oggettivo dell'arricchimento, ma l'ente pubblico può eccepire e provare che l'arricchimento non fu voluto o non fu consapevole e che si trattò, quindi, di "arricchimento imposto";
  • le esigenze di tutela delle finanze pubbliche e la considerazione delle dimensioni e della complessità dell'articolazione interna della pubblica amministrazione possono essere adeguatamente coniugate con la piena garanzia del diritto di azione del depauperato, nell'ambito del principio di diritto comune dell'arricchimento imposto, in ragione del quale l'indennizzo non è dovuto se l'arricchito ha rifiutato l'arricchimento o non abbia potuto rifiutarlo, perché inconsapevole dell’eventum utilitatis;
  • a detta soluzione deve ricondursi l'ipotesi delle opere aggiuntive eseguite dall'appaltatore in assenza di qualsiasi valida richiesta o autorizzazione e, quindi, in violazione di uno specifico precetto normativo;
  • all'appaltatore che abbia posto in essere varianti arbitrarie, l'indennizzo ex art. 2041 cod. civ. non compete non già per l'inammissibilità dell'actio de in rem verso nei confronti della Pubblica amministrazione, ma per l'assorbente ragione della vigenza di un precetto legislativo che lo esclude in modo espresso.

La sentenza della Corte di Cassazione, Sezione Prima, n. 15937 del 27 giugno 2017 è consultabile sul sito istituzionale della Corte di Cassazione, Sezione SentenzeWeb.