Il TAR Brescia, in materia di prescrizione del diritto della pubblica amministrazione alla riscossione di somme di denaro, svolge le seguenti precisazioni.
Secondo la regola generale dell’art. 2945 comma 2 c.c., la prescrizione si interrompe con la proposizione del ricorso, e non decorre nella pendenza del giudizio. Quando l’iniziativa giudiziale sia stata assunta dal debitore, l’effetto sospensivo (o interruttivo permanente) si mantiene per tutta la durata del processo, indipendentemente dalla mancanza di attività processuale della parte ricorrente (rinuncia, perenzione). Nei giudizi impugnatori, infatti, l’amministrazione convenuta, che vanta la posizione di creditore e ha interesse a tutelare le ragioni del proprio credito di fronte alla richiesta di accertamento negativo insita nell’impugnazione, si difende in ogni momento del processo per il solo fatto di mantenere ferma la richiesta di reiezione del ricorso, e in questo modo determina l'interruzione e la correlativa sospensione della prescrizione fino al momento in cui passa in giudicato la sentenza che definisce il giudizio (v. Cass. civ. Sez. III 20 dicembre 2021 n. 40845; Cass. civ. Sez. Lav. 29 luglio 2021 n. 21799; Cass. civ. Sez. III 21 ottobre 2022 n. 31259).
Per effetto del rovesciamento speculare delle posizioni rispetto alla fattispecie descritta nell’art. 2945 comma 3 c.c., l’estinzione del processo, a cui è assimilabile la perenzione nel processo amministrativo (v. Cass. civ. SU 31 maggio 2022 n. 17619), non provoca la perdita dell’effetto interruttivo permanente della prescrizione in danno dell’amministrazione convenuta. La cancellazione dell’effetto interruttivo permanente è in realtà una sanzione per il creditore che abbia agito in giudizio senza poi svolgere l’attività processuale necessaria per arrivare a una pronuncia di merito. Tale sanzione, pertanto, non può essere estesa per analogia quando il creditore sia invece l’amministrazione convenuta, la quale abbia chiesto la reiezione del ricorso con una domanda implicita di accertamento positivo del credito (ossia di negazione dell’accertamento negativo), e intenda procedere, una volta estintosi il giudizio, alla riscossione coattiva. Altrimenti detto, nel caso di estinzione del giudizio, o di perenzione, non è applicabile l’art. 2945 comma 3 c.c., e si conserva invece l’effetto interruttivo permanente della prescrizione, in quanto al venir meno dell’interesse del ricorrente per l’accertamento negativo del credito si contrappone il persistente interesse dell’amministrazione alla conservazione e alla riscossione del credito stesso. L’esito processuale in rito, trasformando in definitivi i provvedimenti difesi in giudizio dall’amministrazione, mantiene intatto anche il diritto di credito incorporato nei medesimi provvedimenti (v. Cass. civ. Sez. Trib. 15 febbraio 2023 n. 4813).

TAR Lombardia,  Brescia, Sez. II, n. 467 del 26 maggio 2023


Il TAR Milano, in una controversia concernente la debenza o meno del contributo di costruzione, ritiene tempestiva l’eccezione di prescrizione sollevata dal Comune resistente nella memoria ex art. 73 c.p.a.
Al riguardo il TAR osserva che “Secondo l’orientamento consolidato, infatti, nel processo amministrativo non trovano applicazione le preclusioni processuali di cui all’art. 167 cod. proc. civ.; pertanto, l’eccezione di prescrizione può essere proposta anche dopo la scadenza del termine di costituzione in giudizio delle amministrazioni intimate in primo grado (in tal senso, da ultimo, TRGA Trento n. 103 del 22.6.2021)”.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2634 del 29 novembre 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano precisa che in difetto di intervenuta prescrizione, il ritardo o persino l’indugio nell’esercizio da parte della Pubblica Amministrazione del diritto di credito possono comportare l’elisione della pretesa. Diversamente opinando, si finirebbe per dare ingresso nell’ordinamento al noto istituto, elaborato dalla dottrina e giurisprudenza tedesca, della Verwirkung. Figura che, tuttavia, non sembra poter trovare spazio nell’ordinamento italiano non soltanto per il difetto di una previsione esplicita, ma anche in considerazione della sussistenza di specifiche disposizioni che tutelano la posizione del debitore (cfr., ex aliis, artt. 1175, 1206 ss., 1375 c.c.), conferendo allo stesso appositi rimedi ed escludendo che, quindi, il mero indugio nell’esercizio della pretesa possa risultare ex se illegittimo (cfr., sulla figura in esame, TAR Milano, II, 30.5.2019, n. 1234).

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 271 del 28 gennaio 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.