Ai fini della configurazione della pergotenda è necessario che l’opera, per le sue caratteristiche strutturali e per i materiali utilizzati, non determini la stabile realizzazione di nuovi volumi/superfici utili. Deve, quindi, trattasi di una struttura leggera, non stabilmente infissa al suolo, idonea a supportare una “tenda”, anche in materiale plastico (c.d. “pergotenda”), a condizione che: a) l’opera principale sia costituita, appunto, dalla “tenda” quale elemento di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici, finalizzata a una migliore fruizione dello spazio esterno; b) la struttura rappresenti un mero elemento accessorio rispetto alla tenda, necessario al sostegno e all’estensione della stessa; c) gli elementi di copertura e di chiusura (la “tenda”) siano non soltanto facilmente amovibili ma anche completamente retraibili, in materiale plastico o in tessuto, comunque privi di elementi di fissità, stabilità e permanenza tali da creare uno spazio chiuso, stabilmente configurato che possa alterare la sagoma ed il prospetto dell’edificio “principale”. In altri termini, per aversi una “pergotenda” e non già una “tettoia”, è necessario che l’eventuale copertura in materiale plastico sia completamente retrattile, ovvero “impacchettabile”, così da escludere la realizzazione di nuovo volume.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 185 del 18 gennaio 2025


Il TAR Milano precisa che la nozione di pergotenda è riferibile solo ad opere che, pur non essendo destinate a soddisfare esigenze precarie, non necessitano di titolo abilitativo in considerazione della consistenza, delle caratteristiche costruttive e della sua funzione (Consiglio di Stato, Sez. VI, 25 maggio 2020, n. 3309; Consiglio di Stato, Sez. VI, 29 novembre 2019, n. 8190); tale tipologia di intervento non configura né un aumento del volume e della superficie coperta, né la creazione o modificazione di un organismo edilizio, né l’alterazione del prospetto o della sagoma dell’edificio cui è connessa, in ragione della sua inidoneità a modificare la destinazione d’uso degli spazi esterni interessati, della sua facile e completa rimuovibilità, dell’assenza di tamponature verticale e della facile rimuovibilità della copertura orizzontale (Consiglio di Stato, Sez. VI, 25 maggio 2020, n. 3309); deve quindi trattarsi di un mero arredo esterno, di riparo e protezione, funzionale alla migliore fruizione temporanea dello spazio esterno all’appartamento cui accede, in quanto tale riconducibile agli interventi manutentivi non subordinati ad alcun titolo abilitativo ai sensi dell’art. 6, comma 1, d.P.R. n. 380 del 2001 (così Consiglio di Stato, sez. VI, 11 aprile 2014, n. 1777).


TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2472 del 10 dicembre 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano precisa che secondo il D.P.R. 13/02/2017 n. 31, allegato A, punto A.17, è esclusa l'autorizzazione paesaggistica per "installazioni esterne poste a corredo di attività economica quali esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, attività commerciali, turistico-ricettive, sportive o del tempo libero, costituite da elementi facilmente amovibili quali tende, pedane, paratie laterali frangivento, manufatti ornamentali, elementi ombreggianti o altre strutture leggere di copertura, e prive di parti in muratura o strutture stabilmente ancorate al suolo"; la norma in questione chiarisce pertanto che gli aspetti funzionali e strutturali sono strettamente connessi perché l’installazione esterna non deve solo essere per sua natura facilmente amovibile, ma anche priva di strutture stabilmente ancorate al suolo e di parti in muratura che si saldano in una unità indivisibile di carattere funzionale; ne consegue, per il TAR, che una “pergotenda” ancorata a due muri, quello dell’edificio, al quale è attaccato il meccanismo di azionamento della tenda retrattile, e il muro di confine, al quale sono fissati i serramenti di tipo vasistas, con l’ambiente chiuso sugli altri due lati in modo stabile da moduli a vetro a scorrimento che permettono la chiusura completa del locale, non può ritenersi priva di parti in muratura o strutture stabilmente ancorate al suolo, come invece richiesto dal D.P.R. 13/02/2017, n. 31 allegato A, punto A.17, in quanto utilizza come parte inscindibile le murature esistenti ed è accompagnata da pareti laterali stabilmente ancorate al suolo; deve, quindi, ritenersi che l’opera rientri tra quelle soggette ad autorizzazione paesistica, indipendentemente dalla facile amovibilità; aggiunge poi il TAR che a tal fine non è rilevante stabilire se le cc.dd. “pergotende” possano essere considerate “opere precarie” ex art. 3, comma 1, lett. e), del T.U. dell’Edilizia, stante l’autonoma nozione paesistica di opere escluse dalla necessità di richiedere un titolo paesistico.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 1921 del 26 agosto 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri, al seguente indirizzo.