Pubblicata sul BURL, Supplemento n. 25 del 25 giugno 2021, la legge regionale lombarda 24 giugno 2021 n. 11, recante "Disposizioni relative al patrimonio edilizio dismesso con criticità. Modifiche all’articolo 40 bis della legge regionale 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio)".




La Corte Costituzionale, scrutinando una disposizione legislativa della Provincia autonoma di Bolzano che disciplina le modalità di esternazione della volontà dell’ente pubblico di alienare i suoi fondi agricoli e il connesso termine di decadenza per l’esercizio del diritto di prelazione agraria, precisa che la giurisprudenza costituzionale ammette, in limiti ristretti, norme regionali di diritto privato. 
Chiarisce la Corte che l’incidenza sulla competenza regionale del limite del diritto privato non opera in modo assoluto, in quanto anche la disciplina dei rapporti privatistici può subire un qualche adattamento, ove questo risulti in stretta connessione con la materia di competenza regionale e risponda al criterio di ragionevolezza, che vale a soddisfare il rispetto del richiamato principio di eguaglianza; condizioni imprescindibili, per giustificare l’intervento regionale sono, dunque: 1) la sua marginalità, 2) la connessione con una materia di competenza regionale e 3) il rispetto del principio di ragionevolezza. 
Nel caso esaminato dalla Corte a difettare è proprio la marginalità dell’intervento, perché le norme scrutinate non prevedono adattamenti, integrazioni o specificazioni della disciplina statale, ma a essa derogano in relazione a un profilo fondamentale dell’ordinamento civile, che è quello della libertà negoziale; esse, infatti, incidono sulla scelta del contraente nella compravendita dei fondi agricoli provinciali, e quindi sulla autonomia negoziale sia dei soggetti che si determinano al loro acquisto, titolari o meno del diritto di prelazione, sia della pubblica amministrazione che agisce iure privatorum per la dismissione di beni patrimoniali disponibili.

La sentenza della Corte Costituzionale n. 283 del 21 dicembre 2016 è consultabile sul sito della Corte Costituzionale.


La Corte Costituzionale, nel definire i limiti della legislazione regionale in materia di interventi edilizi eseguibili senza necessità di titolo abilitativo, precisa che:

  • la definizione delle categorie di interventi edilizi a cui si collega il regime dei titoli abilitativi costituisce principio fondamentale della materia di competenza legislativa concorrente fra Stato e regioni del «governo del territorio», vincolando così la legislazione regionale di dettaglio;
  • l’art. 6, comma 6, del TUE prevede che le regioni a statuto ordinario possono estendere la disciplina dell’edilizia libera a «interventi edilizi ulteriori» (lettera a), nonché disciplinare «le modalità di effettuazione dei controlli» (lettera b); è però escluso che la disposizione appena citata permetta al legislatore regionale di sovvertire le definizioni di nuova costruzione recate dall’art. 3 del d.P.R. n. 380 del 2001;
  • l’attività demandata alla regione si inserisce pur sempre nell’ambito derogatorio definito dall’art. 6 del d.P.R. n. 380 del 2001, attraverso la enucleazione di interventi tipici da sottrarre a permesso di costruire e SCIA (segnalazione certificata di inizio attività);
  • non è perciò pensabile che il legislatore statale abbia reso cedevole l’intera disciplina dei titoli edilizi, spogliandosi del compito, proprio del legislatore dei principi fondamentali della materia, di determinare quali trasformazioni del territorio siano così significative, da soggiacere comunque a permesso di costruire;
  • lo spazio attribuito alla legge regionale si deve quindi sviluppare secondo scelte coerenti con le ragioni giustificatrici che sorreggono, secondo le previsioni dell’art. 6 del d.P.R. n. 380 del 2001, le specifiche ipotesi di sottrazione al titolo abilitativo;
  • il limite assegnato al legislatore regionale dall’art. 6, comma 6, lettera a), del d.P.R. n. 380 del 2001 sta, dunque, nella possibilità di estendere i casi di attività edilizia libera ad ipotesi non integralmente nuove, ma “ulteriori”, ovvero coerenti e logicamente assimilabili agli interventi di cui ai commi 1 e 2 del medesimo art. 6. 

Su queste basi, la Corte Costituzionale verifica con la sentenza segnalata se, in relazione a ciascuna delle categorie di opere incluse ‒ dalle censurate disposizioni della legge regionale delle Marche n. 17 del 2015 ‒ tra gli interventi edilizi eseguibili senza necessità di titolo abilitativo, il legislatore regionale si sia mantenuto nei limiti di quanto gli è consentito.

La sentenza della Corte Costituzionale n. 282 del 12 dicembre 2016 è consultabile sul sito della Corte Costituzionale.