Il TAR Brescia rigetta un'istanza (peraltro condivisa tra le parti) di rinvio dell’udienza, ricordando che nel processo amministrativo nessuna norma processuale o principio generale attribuisce alle parti in causa un diritto al differimento della decisione del ricorso, essendo stata piuttosto codificata la regola opposta, in virtù della quale il rinvio può essere disposto solo “per casi eccezionali” (art. 73, comma 1-bis, c.p.a.) ove incidenti sul diritto di difesa.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 583 del 1 luglio 2024


Il TAR Milano disattende una richiesta di rinvio motivata sulla intenzione di "rivisitare" una struttura alberghiera di cui era stato denegato l’accertamento di conformità e ordinata la demolizione e precisa:
«7.1. Come osservato dal Consiglio di Stato “nell’ordinamento afferente al processo amministrativo non esiste norma giuridica o principio ordinamentale che attribuisca alle parti in causa il diritto al rinvio della discussione del ricorso o alla cancellazione della causa dal ruolo, atteso che le stesse hanno solo la facoltà di illustrare le ragioni che potrebbero giustificare il differimento dell'udienza o la cancellazione della causa dal ruolo, ma la decisione finale in ordine ai concreti tempi della decisione spetta comunque al giudice”. E “ciò, in quanto la richiesta di cancellazione della causa dal ruolo ovvero di rinvio della trattazione di una causa deve trovare il suo fondamento giuridico in gravi ragioni idonee ad incidere, se non tenute in considerazione, sulle fondamentali esigenze di tutela del diritto di difesa costituzionalmente garantite, atteso che, pur non potendo dubitarsi che anche il processo amministrativo sia regolato dal principio dispositivo, in esso non vengono in rilievo esclusivamente interessi privati, ma trovano composizione e soddisfazione anche gli interessi pubblici che vi sono coinvolti” (cfr., Consiglio di Stato, sez. V, 29 dicembre 2014, n. 6414; Consiglio di Stato, sez. VI, 7 ottobre 2015, n. 3911). Inoltre, va considerato come risponda “all’esigenza di ordinato svolgimento della giustizia che i ricorsi, una volta fissati, siano decisi, poiché la fissazione di un ricorso preclude, con la saturazione del ruolo di udienza, la conoscenza di altra controversia” (Consiglio di Stato, sez. V, 8 aprile 1997, n. 696).
7.2. Nel caso di specie la richiesta si fonda, inoltre, sulla possibile “rivisitazione” dell’intera struttura alberghiera che la ricorrente intende realizzare. Si tratta, tuttavia, di mere ipotesi progettuali di cui non è agevole preventivare una reale tempistica. Inoltre, l’incidenza sulla controversia è meramente eventuale e non certa. In ultimo, non può non tenersi conto degli interessi pubblici di cui i provvedimenti impugnati sono espressione e che, per parafrasare l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, non sono certamente i convitati di pietra del processo amministrativo (Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 27 aprile 2015, n. 5)».

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2172 del 13 novembre 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano respinge una istanza di rinvio della trattazione della causa, presentata dai ricorrenti al dichiarato “… fine di consentire la discussione in pubblica udienza …”, richiesta cui l’Amministrazione comunale si è opposta “… avendo le parti già diffusamente rappresentato le proprie tesi difensive …”, e precisa:
«che, come è noto, ai sensi dell’art. 84, comma 5, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (conv. legge 24 aprile 2020, n. 27), come integrato dall’art. 4, comma 1, del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28, nel periodo compreso tra il 15 aprile e il 29 maggio 2020 “… tutte le controversie fissate per la trattazione, sia in udienza camerale sia in udienza pubblica, passano in decisione, senza discussione orale, sulla base degli atti depositati […] Le parti hanno facoltà di presentare brevi note sino a due giorni liberi prima della data fissata per la trattazione …”, risultando ammessa la discussione orale, in presenza di date condizioni, nel periodo immediatamente successivo – fino al 31 luglio 2020 –, termine finale della normativa emergenziale attualmente in vigore;
che, tale essendo il quadro normativo di riferimento, la genericità della richiesta, anche per la decisiva assenza di un’analoga domanda della controparte, induce il Collegio a pronunciarsi per il passaggio in decisione della causa;
che, invero, i ricorrenti si sono avvalsi della facoltà di deposito delle «brevi note» in prossimità dell’udienza e hanno in tal modo ulteriormente argomentato su questioni già in precedenza affrontate, sì da risultare la controversia matura per la decisione e non abbisognevole di chiarimenti o integrazioni, che semmai sarebbe stato onere degli interessati prospettare fin da subito quanto a tipologia e finalità, anche solo in via sommaria;
che, in altri termini, gravava sui ricorrenti addurre le peculiari ragioni per le quali l’utilità di un contraddittorio svoltosi oralmente avrebbe giustificato il differimento dell’udienza, precisando quali aspetti della contesa si sarebbero giovati di un’illustrazione non consentita dalle memorie depositabili fino a due giorni liberi prima del passaggio in decisione della causa o quali profili, anche di fatto, avrebbero potuto acquisire, con il confronto orale, un rilievo diverso da quello emerso all’esito di difese rese unicamente per iscritto e quindi con modalità “asincrona”;
che non appare superfluo ricordare che, per costante giurisprudenza, la richiesta di rinvio della trattazione di una causa deve trovare il suo fondamento giuridico in gravi ragioni, idonee ad incidere, se non tenute in considerazione, sulle fondamentali esigenze di tutela del diritto di difesa costituzionalmente garantite, atteso che, pur non potendo revocarsi in dubbio che anche il processo amministrativo è regolato dal principio dispositivo, deve pur sempre ricordarsi che in esso non vengono in rilievo esclusivamente interessi privati, ma trovano composizione e soddisfazione anche gli interessi pubblici che vi sono coinvolti, sicché il giudizio amministrativo è un processo di parte ma non delle parti – non essendo nella loro assoluta disponibilità –, e nell’ordinamento giuridico non esiste una norma o un principio che attribuisca alle parti in causa il diritto al rinvio della trattazione del ricorso, in quanto le stesse hanno solo la facoltà di illustrare le ragioni che potrebbero giustificare il differimento dell’udienza, ma la decisione finale in ordine ai concreti tempi della decisione spetta comunque al giudice (v. Cons. Stato, Sez. III, 30 novembre 2018 n. 6823);
che nella fattispecie, a ben vedere, la temporanea deroga alla norma generale che prevede la “discussione orale” trova il suo legittimo fondamento nella peculiare situazione di emergenza sanitaria vissuta dal Paese ed è in parte compensata con la possibilità di depositare «brevi note» in prossimità dell’udienza – oltre che dagli altri strumenti processuali di cui dispone il giudice per creare un’interlocuzione diretta con le parti –, sicché si può eccezionalmente ammettere un differimento dell’udienza se la discussione orale emerge come insostituibile mezzo di esposizione di fatti o ragioni che, per la particolarità del caso, non consentano un’adeguata difesa in via cartolare, o se lo stesso organo giudicante valuti necessario approfondire talune questioni sottoponendo direttamente i quesiti ai difensori e così raccogliendone, con un articolato scambio di domande e risposte, gli ulteriori elementi di giudizio valutati essenziali per la risoluzione della controversia».

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 815 del 14 maggio 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



Il Consiglio di Stato ritiene che «l’art. 84, comma 5, del decreto legge n. 18 del 2020, va interpretato nel senso che: ciascuna delle parti ha facoltà di chiedere il differimento dell’udienza a data successiva al termine della fase emergenziale allo scopo di potere discutere oralmente la controversia, quando il Collegio ritenga che dal differimento richiesto da una parte non sia compromesso il diritto della controparte ad una ragionevole durata del processo e quando la causa non sia di tale semplicità da non richiedere alcuna discussione potendosi pur sempre, nel rito cartolare, con la necessaria prudenza, far prevalere esigenze manifeste di economia processuale (e ciò in particolare nella fase cautelare, mentre la pretermissione della discussione nel giudizio di merito va valutata anche alla luce di potenziali effetti irreversibili sul diritto di difesa che andrebbero per quanto possibile evitati, stante la necessaria temporaneità e proporzionalità delle misure processuali semplificate legate alla situazione pandemica “acuta” );».

Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 2538 del 21 aprile 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri



Il TAR Milano, a fronte di un’istanza di rinvio dell’udienza pubblica di discussione al fine di consentire la prosecuzione di trattative in corso, proposta in un ricorso che aveva per oggetto una procedura per l'approvazione di un accordo di programma per la riqualificazione e la reindustrializzazione di un’area industriale, ha rigettato la domanda di rinvio sul rilievo:
"- che in generale, la funzione del giudice amministrativo non è quella di attendere il raggiungimento di un accordo tra le parti, ma, anche tenuto conto degli interessi pubblici ordinariamente coinvolti, di pronunciarsi sulle domande proposte nei tempi consentiti, realizzando la ragionevole durata del processo, ex art. 2, II comma, c.p.a.: se il ricorrente dispone dell’azione, intesa come diritto ad ottenere dal giudice una pronuncia sulla sua pretesa - cui, di regola, può senz’altro rinunciare in ogni stato e grado del giudizio - è invece il giudice che, al fine di pronunciare sulle domande presentate, dispone, ed è responsabile, dell’organizzazione del processo, e così dei termini e delle forme per il suo svolgimento, nel rispetto delle norme primarie che lo disciplinano, purché non vengano utilizzate per attuare un abuso del processo;
- che il rinvio della discussione e della decisione su ciascun ricorso pendente incide negativamente sull’organizzazione del lavoro e sui relativi carichi, assegnati a ciascun giudice, e può pertanto trovare giustificazione – salvo che ciò non corrisponda ad una situazione, la quale impone la concessione di termini a difesa, secondo le previsioni del codice di rito - soltanto ove le parti costituite prospettino congiuntamente una definizione conciliativa stragiudiziale della controversia molto probabile e prossima;
- che al contrario, manca in specie qualsiasi elemento che permetta d’individuare, anche approssimativamente, un termine per la positiva conclusione dell’attività di negoziazione, nonché di formalizzazione e pubblicazione del provvedimento conclusivo e di stabilità dei suoi effetti, e ciò a fronte di un ricorso pendente da circa otto anni, di cui è anche possibile ipotizzare l’improcedibilità, almeno nella parte impugnatoria – stante la successiva approvazione di un diverso accordo di programma, per quanto consta non impugnato – e che, ove ancora procedibile, avrebbe, se accolto, effetti di carattere generali, eccedenti l’interesse della sola ricorrente, e della stessa Amministrazione resistente, che non possono essere ulteriormente dilazionati”.

Il decreto del Presidente del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 253 del 14 marzo 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.