Il TAR Brescia ricorda che l'art. 4 della l. 9 gennaio 1989 n. 13 dispone che gli interventi volti a eliminare le barriere architettoniche previsti dall'art. 2 della legge stessa, ovvero quelli volti a migliorare le condizioni di vita delle persone svantaggiate, possono essere effettuati anche su beni sottoposti a vincolo come beni culturali, e la relativa autorizzazione può essere negata solo ove non sia possibile realizzare le opere senza serio pregiudizio del bene tutelato, precisandosi al comma 5 che “il diniego deve essere motivato con la specificazione della natura e della serietà del pregiudizio, della sua rilevanza in rapporto al complesso in cui l'opera si colloca e con riferimento a tutte le alternative eventualmente prospettate dall'interessato” (Cons. Stato, sez. II, 14/01/2020 , n. 355).
Aggiunge che, quanto all’eliminazione delle barriere architettoniche, si è precisato che l'accessibilità è una qualità essenziale degli edifici, quale conseguenza dell'affermarsi, nella coscienza sociale, del dovere collettivo di rimuovere, preventivamente, ogni possibile ostacolo alla esplicazione dei diritti fondamentali delle persone con disabilità; pertanto, non rimuoverle costituisce discriminazione indiretta in danno delle persone con disabilità e consente loro il ricorso alla tutela antidiscriminatoria, quando l'accessibilità sia impedita o limitata, a prescindere, dall'esistenza di una norma regolamentare apposita che attribuisca la qualificazione di barriera architettonica a un determinato stato dei luoghi (Cass. civ., sez. III, 13/02/2020, n. 3691).

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 903 del 2 novembre 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



Il Consiglio di Stato precisa che, ai sensi dell’ art. 4 della legge n. 13 del 1989, gli interventi volti ad eliminare le barriere architettoniche previste dall’art. 2 della stessa legge, ovvero quelli volti a migliorare le condizioni di vita delle persone svantaggiate, dovendosi intendere come tali non solo quelle portatrici di disabilità, ma anche le persone che soffrono di disagi fisici e difficoltà motorie, possono essere effettuati anche su edifici sottoposti a vincolo come beni culturali, sicché l'autorizzazione può essere negata solo ove non sia possibile realizzare le opere senza pregiudizio del bene tutelato.

Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 8225 del 2 dicembre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano precisa che, ai sensi del combinato disposto degli articoli 78 e 79 del D.P.R. n. 380/2001, le opere dirette all’abbattimento delle barriere architettoniche possono essere realizzate in deroga alle norme sulle distanze previste dai regolamenti edilizi, salvo l’obbligo di rispetto delle distanze di cui agli articoli 873 e 907 del codice civile; non risulta, dunque, applicabile in tali casi la previsione di cui all’articolo 9 del D.M. 1444/1968, atteso che l’interpretazione costituzionalmente orientata dell’articolo 79 del D.P.R. n. 380/2001 porta ad estendere la deroga delle norme sulle distanze previste dai regolamenti edilizi (dettate nel comma 1 dell’art. 79 cit.) anche agli atti di normazione primaria, con il corollario di dover limitare al dato testuale il richiamo all’articolo 873 c.c.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 1659 del 17 luglio 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri, al seguente indirizzo.


Il TAR Milano osserva che, ai sensi del combinato disposto degli articoli 78 e 79 del d.P.R. n. 380/2001, nonché dell’art. 19 della legge regionale n. 6/89, le opere dirette all’abbattimento delle barriere architettoniche possono essere realizzate in deroga alle norme sulle distanze previste dai regolamenti edilizi, salvo l’obbligo di rispetto delle distanze di cui agli articoli 873 e 907 del codice civil; non risulta, dunque, applicabile in tali casi l’art. 9 del d.m. n. 1444/1968, atteso che l’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 79 del d.p.r. n. 380/2001 porta ad estendere la deroga delle norme sulle distanze previste dai regolamenti edilizi (dettate nel comma 1 dell’art. 79 cit.) anche agli atti di normazione primaria, con il corollario di dover limitare al dato testuale il richiamo all’art. 873 c.c. e quindi dell’inapplicabilità della disciplina delle distanze dai fabbricati alieni prevista dall’art. 9 del d.m. n. 1444/1968.
Aggiunge il TAR Milano che la normativa suddetta prevede, quindi, per l’abbattimento delle barriere architettoniche, una specifica e automatica deroga alla disciplina delle distanze prevista dagli strumenti urbanistici comunali, senza la necessità di valutazioni discrezionali dell’Amministrazione; né l’applicazione di tale normativa è preclusa per la realizzazione di nuove opere prive di autonomia funzionale, come gli ascensori, che vengono ritenuti dalla giurisprudenza alla stregua di “volumi tecnici o impianti tecnologici”, e come la scala realizzata all’esterno per assicurare l’uscita degli utenti dall’ascensore senza incontrare ostacoli architettonici costituiti dai gradini preesistenti.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Prima, n. 809 del 27 marzo 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.