Secondo il TAR Brescia «Il riconoscimento della natura di diritto pubblico degli accordi di programma comporta che l’iter di formazione e costituzione dell’accordo di programma sia riconducibile all’idealtipo del procedimento amministrativo (pur se speciale e fortemente tipizzato), la cui rigidità è parzialmente attenuata dalle previsioni della legge regionale della Lombardia n. 55/1986, secondo cui l’accordo risulta finalizzato alla “attuazione di piani e progetti di intervento che richiedono l’iniziativa integrata e coordinata delle Regioni, degli enti locali, di altre amministrazioni e soggetti anche privati”.
Ciò, però, non può significare che il legislatore regionale (prevedendo la partecipazione di soggetti privati nella fase di formazione degli accordi in questione) abbia voluto adombrare la natura eminentemente pubblicistica di fonti normative subprimarie degli accordi in parola. Anche alla luce di tale normativa locale, infatti, i privati legittimati all’intervento non assumono la qualifica di “parti” del procedimento organizzatorio riservata, invece, esclusivamente, ai soggetti pubblici.
Questi ultimi rimangono, anche nel corso delle trattative e dopo la conclusione dell’accordo, titolari della potestà pubblica e del connesso potere di adottare tutti gli atti ritenuti idonei a soddisfare l’interesse pubblico perseguito. La funzione pubblica dell’ente sottoscrittore rimane, dunque, preminente e consente allo stesso di rivalutare le proprie scelte, anche, in ipotesi, dopo la conclusione dell’accordo di programma».

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 700 del 14 ottobre 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Brescia chiarisce che se per gli accordi di programma ex art. 34 il principio della necessaria unanimità consensuale trova fondamento – e, prima ancora, logica giustificazione – nelle peculiarità che assistono la configurazione di tale istituto (nonché la prefigurazione funzionale dello stesso all’attuazione delle finalità per esso previste), non assimilabile ratio assiste gli accordi – ex art. 15 della legge 241, piuttosto che ex art. 30 del T.U.E.L. – diversamente preordinati ad esigenze di carattere organizzativo-funzionale, con ricadute anche di carattere finanziario, che consentono alle Amministrazioni di imprimere ai servizi e alle attività alle medesime facenti capo modalità attuative e di svolgimento coinvolgenti una pluralità di attori istituzionali.

La sentenza del TAR Lombardia, Brescia, Sezione Prima, n. 497 del 20 maggio 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Precisa il TAR Milano che l’accordo di programma è una species dell’accordo tra pubbliche amministrazioni ex art. 15 della legge n. 241/90 e non degli accordi tra amministrazioni e privati ex art. 11 della legge n. 241/90; l'accordo di programma, infatti, consiste nel consenso unanime delle amministrazioni statali e locali e degli altri soggetti pubblici interessati, senza che ad esso partecipino i privati che, invece, possono essere coinvolti nella sua attuazione, con la conseguenza che i diritti soggettivi di questi, derivanti dalla proprietà delle aree o da concessioni edilizie, restano affievoliti, essendo l'indicato accordo di programma espressione di poteri pubblicistici nei loro confronti; laddove i privati siano legittimati all’intervento, ad esempio da leggi regionali, non assumono la qualifica di “parti” del procedimento organizzatorio, riservata, invece, esclusivamente ai soggetti pubblici.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 2123 del 21 settembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.