La verificazione e/o la consulenza tecnica d’ufficio non possono sopperire alle carenze probatorie riferibili alle parti del processo, ma hanno l’esclusiva finalità di chiarire eventuali dubbi discendenti da elementi ritualmente introdotti in giudizio e non del tutto incontroversi nella loro portata. Del resto, anche la verificazione come la consulenza tecnica d’ufficio non configura un autonomo mezzo di prova, bensì uno strumento di valutazione di prove già ritualmente acquisite agli atti del giudizio, sicché non può essere utilizzata per costruire prove che la parte attrice non ha introdotto nel processo nemmeno come principio. Essa, infatti, costituisce non già un mezzo di prova, ma al più di ricerca della prova, avente la funzione di fornire al giudice i necessari elementi di valutazione quando la complessità sul piano tecnico-specialistico dei fatti di causa impedisca una compiuta comprensione, ma non già la funzione di esonerare la parte dagli oneri probatori sulla stessa gravanti.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 164 del 16 gennaio 2025


Il TAR Milano ricorda che la verificazione (e/o la consulenza tecnica d’ufficio) non può sopperire alle carenze probatorie riferibili alle parti del processo, ma ha l’esclusiva finalità di chiarire eventuali dubbi discendenti da elementi ritualmente introdotti in giudizio e non del tutto incontroversi nella loro portata. Difatti, anche la verificazione come la consulenza tecnica d’ufficio non può essere utilizzata per costruire prove che la parte attrice non ha introdotto nel processo nemmeno come principio. Essa, infatti, costituisce non già un mezzo di prova, ma al più di ricerca della prova, avente la funzione di fornire al giudice i necessari elementi di valutazione quando la complessità sul piano tecnico-specialistico dei fatti di causa impedisca una compiuta comprensione, ma non già la funzione di esonerare la parte dagli oneri probatori sulla stessa gravanti.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 3068 del 7 novembre 2024


Il TAR Milano osserva che la verificazione (e/o la consulenza tecnica d’ufficio) non può sopperire alle carenze probatorie riferibili alle parti del processo, ma ha l’esclusiva finalità di chiarire eventuali dubbi discendenti da elementi ritualmente introdotti in giudizio e non del tutto incontroversi nella loro portata. Essa, infatti, costituisce non già un mezzo di prova, ma al più di ricerca della prova, avente la funzione di fornire al giudice i necessari elementi di valutazione quando la complessità sul piano tecnico-specialistico dei fatti di causa impedisca una compiuta comprensione, ma non già la funzione di esonerare la parte dagli oneri probatori sulla stessa gravanti.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 343 del 12 febbraio 2024


Il Consiglio di Stato precisa che «nel processo amministrativo, la verificazione, di cui all'art. 66 c.p.a., è diretta ad appurare la realtà oggettiva delle cose, e si risolve essenzialmente in un accertamento diretto ad individuare, nella realtà delle cose, la sussistenza di determinati elementi, ovvero a conseguire la conoscenza dei fatti, la cui esistenza non sia accertabile o desumibile con certezza dalle risultanze documentali (cfr. Consiglio di Stato, III Sez., 19.10.2017, n. 4848). Dunque, a differenza della consulenza tecnica d’ufficio prevista dall’art. 67 c.p.a. al fine di consentire al giudice di acquisire un giudizio tecnico, la verificazione è uno strumento probatorio che mira all’effettuazione di un mero accertamento tecnico di natura non valutativa. In buona sostanza, la verificazione comporta l'intervento, in funzione consultiva del giudice, di un organismo qualificato per la risoluzione di controversie che implichino l'apporto di competenze tecniche essenziali ai fini della definizione della questione (Cons. St., sez. IV, 18 gennaio 2010, n. 138). L’esito della verificazione è certo autonomamente apprezzabile dal giudice, il quale può anche discostarsi dalle conclusioni del verificatore, a condizione tuttavia che ne espliciti adeguatamente le ragioni. La giurisprudenza amministrativa riconosce, infatti, al giudice di discostarsi dalle risultanze della verificazione (così come da quelle di una consulenza tecnica disposta in corso di causa). Tuttavia, è necessaria la motivazione del dissenso con attenta valutazione di tutti gli elementi esposti nella relazione del verificatore (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 18 novembre 2013 n. 5454)».

Consiglio di Stato, Sez. III, n. 330 del 14 gennaio 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



Il TAR Milano chiarisce che la disciplina di cui all'art. 67 c.p.a., dettata in tema di consulenza tecnica e connotata da un articolato contraddittorio tra consulente d'ufficio e consulenti di parte, non si applica all'istituto della verificazione, disciplinato invece dal precedente art. 66 c.p.a., consistendo quest’ultima in un mero accertamento a funzione descrittiva e illustrativa, per completare la conoscenza dei fatti che non siano desumibili dalle risultanze documentali, laddove la consulenza tecnica d'ufficio si estrinseca invece in una vera e propria valutazione non meramente ricognitiva di questioni di fatto, la cui risoluzione presuppone specifiche cognizioni di ordine tecnico, da utilizzare ai fini della decisione; nella verificazione, il contraddittorio con i consulenti tecnici ha pertanto mero carattere eventuale, potendo le parti, in vista dell'udienza di merito, presentare osservazioni avverso le operazioni e le valutazioni effettuate dal verificatore.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Prima, n. 474 del 7 marzo 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano ritiene che lo strumento probatorio della verificazione, così come disciplinato dal codice del processo amministrativo, possa anche prescindere da un formale contraddittorio tecnico tra le parti processuali, purché di fatto le osservazioni e gli apprezzamenti del verificatore siano stati comunque tempestivamente conosciuti dalle parti, e queste abbiano potuto fornire il loro apporto alla decisione del giudice.


La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 316 del 3 febbraio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.