Il TAR Milano osserva che la giurisprudenza eurounitaria, nell’interpretare la portata della direttiva VIA e della precedente direttiva habitat ha precisato che l’opportuna valutazione dell’incidenza di un piano o di un progetto implica che, prima dell’approvazione di quest’ultimo, siano individuati, tenuto conto delle migliori conoscenze scientifiche in materia, tutti gli aspetti del piano o progetto di cui trattasi che possano, da soli o congiuntamente ad altri piani o progetti, pregiudicare gli obiettivi di conservazione del sito. Nell’effettuazione di tali valutazioni si può tenere conto anche di quelle svolte in epoca anteriore - come ad esempio quando si autorizza la proroga del termine di realizzazione di un progetto - ma solo se queste contengono conclusioni complete, precise e definitive atte a dissipare qualsiasi ragionevole dubbio scientifico in merito agli effetti dei lavori, e a condizione che i dati ambientali e scientifici pertinenti non siano mutati, che il progetto non sia stato modificato e che non esistano altri piani o progetti da prendere in considerazione.

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 3488 del 6 dicembre 2024


Il TAR Milano ricorda che, come evidenziato dalla Commissione europea, le misure di conservazione degli habitat, di cui all’art. 6 della Direttiva 92/43/CEE, non sono «attivate da una certezza, bensì da una probabilità di incidenze significative» (cfr. Gestione dei siti Natura 2000 - Guida all'interpretazione dell'articolo 6 della direttiva 92/43/CEE (2019/C 33/01), in G.U.U.E. 25 gennaio 2019) e il concetto di incidenze «significative» sugli habitat non può «essere trattato in maniera arbitraria», essendo necessaria una obiettività non «separata dalle caratteristiche specifiche e dalle condizioni ambientali del sito protetto interessato dal piano o progetto»; inoltre, deve verificarsi il rapporto tra la causa (il progetto realizzando) e l’effetto (l’incidenza negativa) attraverso una valutazione che deve «precedere l’autorizzazione [del progetto] e tener conto degli effetti cumulativi che derivano dalla combinazione di tale piano o progetto con altri piani o progetti tenendo conto degli obiettivi di conservazione del sito interessato» (C.G.U.E, 7 settembre 2004, in C-127/02, punti 52-54, 59, ove si evidenzia anche la necessità di un approccio scientifico a tale valutazione).
La Commissione aggiunge: «le valutazioni che si limitano a descrizioni generali e a un esame superficiale dei dati esistenti sull’ambiente naturale nella zona non si possono […] considerare opportune ai fini dell’articolo 6, paragrafo 3». Un giudizio che il Collegio condivide anche alla luce dell’insegnamento derivante dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia secondo la quale «l’opportuna valutazione deve contenere rilievi e conclusioni completi, precisi e definitivi atti a dissipare qualsiasi ragionevole dubbio scientifico in merito agli effetti dei lavori previsti sulla zona di protezione speciale in questione» (C.G.U.E., Sez. IV, 20 settembre 2007, in C-304/05).
Sulla base di queste premesse, il TAR Milano osserva che, nel caso scrutinato, il parere negativo sulla valutazione di incidenza espresso dagli organi di una Riserva Naturale, con riferimento a un intervento di realizzazione di due magazzini agricoli, della superficie rispettivamente di circa 80 mq e 138 mq, e di una serra di circa 58 mq per la coltivazione di ortaggi, si limita ad una descrizione generale del sito e delle specie ivi presenti ma non indica, in alcun modo, quale siano gli effetti dei (peraltro modesti) lavori che la ricorrente intende realizzare; il parere impugnato indica le specie presenti ed evidenzia come l’area oggetto di intervento rivesta «soprattutto dal punto di vista ornitico, una grande importanza in quanto situata in una posizione strategica» e sia, inoltre, posta «ai margini di habitat prioritari» e di «una porzione della Riserva definita RN1, nella quale le attività umane sono fortemente regolamentate». Si tratta di elementi non sufficienti per la valutazione di compatibilità che deve incentrarsi sul concreto progetto e sugli effetti che lo stesso realizza (laddove li realizzi) sull’ambiente e sulle specie animali presenti. Difetta, quindi, una seria ed effettiva valutazione di incidenza che non può essere affidata a valutazioni generali, ma deve sostanziarsi nella verifica delle concrete ripercussioni che il progetto (per tipologia, dimensioni, funzione assolta, etc.) può determinare (cfr: TAR Milano, II, 16 giugno 2020, n. 1077).

TAR Lombardia, Milano, IV, n.1619 del 27 giugno 2023


La Corte di Giustizia UE, con riferimento ad un progetto di una strada che attraversa due siti Natura 2000, esamina la domanda di pronuncia pregiudiziale che verte sull’interpretazione della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche nonché della direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, e così statuisce:

«1) L’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, deve essere interpretato nel senso che un’«opportuna valutazione» deve, da un lato, censire la totalità dei tipi di habitat e delle specie per i quali un sito è protetto, nonché, dall’altro, individuare ed esaminare tanto l’impatto del progetto proposto sulle specie presenti su detto sito, e per le quali quest’ultimo non è stato registrato, quanto quello sui tipi di habitat e le specie situati al di fuori dei confini del suddetto sito, laddove tale impatto possa pregiudicare gli obiettivi di conservazione del sito.
2) L’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43 deve essere interpretato nel senso che esso consente all’autorità competente di autorizzare un piano o un progetto che lascia il committente libero di determinare successivamente taluni parametri relativi alla fase di costruzione, quali l’ubicazione dei cantieri e le vie di trasporto, solo se è certo che l’autorizzazione stabilisce condizioni sufficientemente rigorose che garantiscano che tali parametri non pregiudicheranno l’integrità del sito. 
3) L’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43 deve essere interpretato nel senso che, quando l’autorità competente respinge le conclusioni di una perizia scientifica che raccomanda l’acquisizione di informazioni supplementari, l’«opportuna valutazione» deve contenere una motivazione esplicita e dettagliata, atta a dissipare ogni ragionevole dubbio scientifico in ordine agli effetti dei lavori previsti sul sito interessato. 
4) L’articolo 5, paragrafi 1 e 3, nonché l’allegato IV della direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati devono essere interpretati nel senso che impongono al committente di fornire informazioni che esaminino esplicitamente l’impatto significativo del suo progetto su tutte le specie individuate nella dichiarazione fornita in applicazione di tali disposizioni. 
5) L’articolo 5, paragrafo 3, lettera d), della direttiva 2011/92 deve essere interpretato nel senso che il committente deve fornire informazioni relative all’impatto ambientale tanto della soluzione prescelta quanto di ciascuna delle principali alternative da lui prese in esame, nonché le ragioni della sua scelta, sotto il profilo, perlomeno, del loro impatto sull’ambiente, anche in caso di rigetto, in una fase iniziale, di tale alternativa».

La sentenza della Seconda Sezione del 7 novembre 2018 (causa C-461/17) della Corte di Giustizia UE è consultabile sul sito della Corte di Giustizia al seguente indirizzo.